Gianni D’Amato

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Storie di comunità, idee, prodotti e terre reggiane

Ritratti di un paesaggio


Gianni D’Amato
52 anni, chef del Caffè Arti e Mestieri

«Chiamatemi cuoco o chef, per me è lo stesso. Tanto più che da bambino, quando guardavo mio nonno che cucinava e mi spiegava il perché delle sue scelte, pensavo che io volevo diventare cuoco, non certo chef. Questo mestiere era il mio destino. Altrimenti, sarei stato un artista. Sono due cose diverse. Lo chef è un artigiano, trasforma la materia. Io, però, sono anche un creativo e quindi non facile da gestire. Ma a me va bene così. Faccio ricette personali, rivolte al territorio ma non solo. Il piatto deve arrivare come un fulmine, non bisogna pensarci troppo. E un piatto nasce se mi stimola qualcosa che vedo, un’opera d’arte, un paesaggio… da lì posso creare. L’importante è conoscere il proprio mestiere, aver visto tante cose, avere familiarità con molti ingredienti, con i loro sapori e profumi. Io non sono di Reggio Emilia, ma ho sposato una reggiana. Nel 98 siamo andati a Reggiolo e ci siamo rimasti fino al 2012, quando abbiamo sospeso l’attività a causa del terremoto. Dopo sei mesi abbiamo aperto a Reggio. La chiusura del Rigoletto mi ha fatto malissimo. Quel posto mi ha dato tante soddisfazioni, lì ho preso le due stelle Michelin. Era un luogo unico. Solo che non c’è più quell’atmosfera magica, il paese è sofferente. Dopo tre anni abbiamo dovuto fare una scelta, ed è stata quella di rimanere a Reggio Emilia. Il locale è più contemporaneo, siamo più al passo con i tempi. Il giardino esterno è importante, disegnato da Pietro Porcinai. Adesso siamo qua, insomma, e partiamo da zero. Vabbè, da zero +, dai».

«Call me a cook or a chef, it’s all the same to me. In fact, as a child, when I’d look at my grandfather cooking and when he’d explain his choices to me, I thought that I wanted to become a cook, not a chef. This job was my destiny. Otherwise I would have become an artist. They’re two different things. A chef is a craftsman, he transforms ingredients. I am also an artist, so I’m not easy to manage. But I can live with that. I create personal recipes, inspired locally and beyond. Dishes pop into my head like a flash, they are never pondered. And dishes are inspired by things I see, a work of art, a landscape… something I can create from. The important thing is to have knowledge of your trade, to see lots of things, be familiar with many ingredients, their flavours and aromas. I’m from Reggio Emilia and so is my wife. In ’98 we moved to Reggiolo until 2012, when our business closed after the earthquake. Six months later we opened in Reggio. I was deeply saddened when we had to close the Rigoletto. That place has given me a lot of fulfilment, I was awarded two Michelin stars there. It was a unique place. But that magical atmosphere has since disappeared, the town is in a bad way now. After three years we had to come to a decision, so we stayed in Reggio Emilia. The premises are modern, we have aligned ourselves more with the times. The garden outside is very important and was designed by Pietro Porcinaio. Now we’re here and we’re starting from scratch. Ok, not exactly from scratch…».

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