Museo di Storia della Psichiatria
via Amendola, 2area ex San Lazzaro
42122 Reggio Emilia
Il padiglione Lombroso, uno degli edifici simbolo del complesso manicomiale del San Lazzaro – che dal 2 marzo 1945 al 6 dicembre 1948 ha ospitato anche il pittore Antonio Ligabue – è stato trasformato in Museo della psichiatria e aperto al pubblico il 30 settembre 2012. Per quasi un secolo luogo di dolore e costrizione, il museo permette ora di evocare la particolare atmosfera che lo ha caratterizzato. Sono stati rispettati i suoi spazi originali, i materiali, i cromatismi e le tracce del degrado che ne hanno segnato l’esistenza.
In mostra gli strumenti scientifici, di contenzione e di terapia quali camicie di forza, macchine per l’elettroshock, caschi del silenzio per isolare i pazienti, l’urna per la goccia d’acqua, tragiche testimonianze del come i pazienti venissero considerati “malati pericolosi per la comunità”.
Le operazioni di restauro, supervisionate dalla Soprintendenza ai Beni architettonici e ambientali, hanno riservato particolare attenzione alla conservazione dei graffiti eseguiti dai pazienti anche all’interno delle celle, realizzati nei modi più diversi, addirittura con le suole delle scarpe, nel probabile tentativo di evadere dal loro mondo di isolamento.
Quando è stato progettato (nel luglio del 1891 dall’ingegnere Angelo Spallanzani ed edificato un anno dopo) il padiglione Lombroso è stato chiamato “Casino Galloni”, in onore del primo direttore del San Lazzaro. Serviva per i malati cronici tranquilli.
Tuttavia, fin dall’inizio, il “Casino Galloni” era circondato da mura, probabilmente perché nelle vicinanze sorgeva il “Villino Livi”, riservato a pensionati ricchi.
Con l’introduzione della legge del 1904, che rendeva obbligatoria l’istituzione presso i manicomi di una speciale sezione d’isolamento per “pazzi criminali dimessi” e “detenuti alienati”, nel 1910 il “Casino Galloni” viene trasformato nella “Sezione Lombroso”, così chiamata in omaggio a Cesare Lombroso, famoso studioso di antropologia criminale.
L’edificio arriverà a ospitare una settantina di reclusi e, a partire dal 1923, accoglierà anche i malati condannati a pene di breve durata.
Solo nel 1972 e dopo aver ospitato anche malati diversi dai criminali, l’edificio viene definitivamente abbandonato e ne viene abbattuto il muro di cinta.