Marco Emilio Lepido e la sua città

Marco Emilio Lepido e la sua città


Nella sala dedicata a Regium Lepidi si riprende e approfondisce l’esame della figura di Marco Emilio Lepido, nelle sue molteplici sfaccettature di politico lungimirante, di generale vittorioso e trionfatore sui Liguri dell’Appennino tosco-emiliano, di costruttore di strade e di città (Mutina, Parma, Luni e Regium Lepidi).
La ricostruzione al vero di una tenda consolare ospita il suo busto, unico ritratto fisiognomico, opera di rara potenza espressiva, concesso in prestito dal Polo museale della Liguria, essendo custodito nel Museo archeologico nazionale di Luni, città fondata dal triumviro Marco Emilio Lepido nell’anno 177 a.C.

In the hall dedicated to Regium Lepidi, focus is once again placed on the figure of Marco Emilio Lepido, this multifaceted, far-sighted political personality, and a general who triumphantly won the battle against the Ligurians on the Tuscan-Emilian Apennines, and built roads and cities (Mutina, Parma, Luni and Regium Lepidi).
The full-scale reconstruction of a consular tent conceals his bust, the only physiognomic portrait of him, of rare expressive value, which has been borrowed for the occasion from the Museum complex of Liguria, where it was kept in the national archaeological museum of Luni, a city founded by the triumvir, Marc, in the year 177 B.C.

I racconti:

Marco Emilio Lepido, il console

Iniziai la mia carriera politica in Egitto come ambasciatore alla corte del giovane re Tolomeo. Fui eletto console nell’anno 566 dopo la fondazione di Roma, collega Gaio Flaminio Minore; gli ordini del senato erano di recarmi in Gallia Cisalpina con il mio esercito per sedare la rivolta dei Liguri montani, che, dalle loro sedi, minacciavano i nostri insediamenti in pianura. La mia carriera politica si giocava in un teatro di operazioni secondario e privo di grandi risorse economiche; ma agii da par mio: sconfissi i Liguri presso le cime del Suismontium e del mons Balista, ottenendo dal senato il trionfo sui popoli vinti; votai per la mia vittoria la costruzione di un tempio in Roma dedicato a Giunone Regina. Nella vasta pianura compresa tra il Po e l’Appennino feci realizzare una lunga strada tra Piacenza a Rimini e che da me prese il nome di via Emilia; mi feci promotore della fondazione di due nuove colonie romane, Mutina e Parma e nell’anno 580 dalla nascita di Roma fondai un forum che in mio onore venne chiamato Forum Lepidi. Frattanto ottenni la somma carica di pontefice massimo e fui per una seconda volta console. Giunsi alla vecchiaia coperto di gloria ed onori, eletto per sei volte princeps senatus.

La città di tutti:

Ebuzia Priscilla, la matrona

La mia giornata scorre sempre uguale. All’ora prima sono già in piedi, pronta a spazzolare le chiome, fermandole a crocchia con gli spilloni, ad indossare la tunica, stretta in vita dal cingulum, e la palla, a fermarne i lembi con le fibulae, e a calzare le mie alutae di cuoio tenero. Solo per queste ho una vera passione: ne posseggo tre paia. All’hora secunda sono già pronta ad uscire con Vibia, mia fedele ancella, per gli acquisti nel foro e lungo i portici della strada costruita secoli fa dal console Aemilius. All’hora quarta, rientrata in casa, posso dedicarmi ai lavori di filatura e tessitura con l’aiuto di Vibia. Preparo il necessario per la partenza del mio diletto sposo, Caius, che fra pochi giorni raggiungerà il limes germanico e per il mio giovane Florinus, che affronterà il viaggio verso l’Urbe, arruolato nella XII coorte. Di quando in quando rivolgo preghiere ed offerte a Lari e Penati perché li proteggano anche lontano da Regium. Tutto il resto della giornata lo trascorro in casa. Non indosso ornamenti, che pure posseggo custodendoli in uno scrigno. Sono loro, Florus, Florinus e Florentinus, i miei ragazzi, i miei veri gioielli!

 

Magia, la donna celtica

Mentre contemplo nello specchio il mio volto, chiaro e lucente come la luna, nel quale brillano due stelle verdi, e spazzolo i miei capelli del color fulvo delle genti boreali, ripenso al grande fiume della nazione cenomane, che ora chiamano Padus, e noi invece con il suo antichissimo nome, Bodincus, e alle nostre foreste senza fine e ai riti notturni che vi celebravamo. A Brixelo, sulle sponde del fiume, mi incontrò un soldato di Roma, nostra alleata, che mi portò con sé a Regium a vivere con lui. Qui la vita scorre serena: la cura della casa, il mercato, di quando in quando le terme. Gran buon uomo il mio legionario, questo sì! Mi consente di indossare gli ornamenti di un tempo, soprattutto i bei bracciali in vetro di mille colori, e di sorseggiare nel bicchiere profondo la cervisia, chiara come le nostre chiome. Lui stesso la alterna al vino di queste campagne con cui, come noi abbiamo sempre fatto, annaffia la carne suina stagionata sotto sale.Tutto ordinato dalle loro leggi. Ma le nostre buie foreste e la corrente lenta del grande fiume, oh, buoni dei! quanto mi mancano.

 

Nemetia, la donna ligure

Rifugiati lassù, sulla Pietra, il nostro bel cielo terso ci faceva ancora sentire signori delle montagne, ma, abbassando lo sguardo ai piedi del pianoro, ci costringeva al contempo a seguire ogni manovra del Console e a presagire l’imminente nostra fine. A nulla valsero i sacrifici agli dei delle vette, che ci negarono infine la loro protezione. Rimasti senza armi, i nostri continuarono strenuamente a difendere il popolo delle montagne con le sole fionde, poi con bastoni, poi con le nude mani, poi … tutto fu concluso. Ora, nessuno più abita la nostra montagna sacra ed io, quaggiù, in questa pianura nebbiosa, fra il frastuono di carri che cigolano giorno e notte, fra gli odori acri di fornaci che bruciano i nostri sacri legni, serva di un uomo di cui non comprendo la lingua, piegata ad ogni suo desiderio, verso lacrime mute sulla mia bella Pietra, sul suo cielo terso, sulle foreste odorose, sulla mia fiera nazione, sull’adorato mio sposo, straziato mentre offriva se stesso per salvare il suo popolo, sulla mia piccolina trascinata non so dove a servire non so chi.

 

Nella foto: Ritratto detto di “Marco Emilio Lepido”; Luni, Museo Archeologico Nazionale (foto: Carlo Vannini)


I TEMI DELLA MOSTRA