Raffigurazione di soldato romano, dal monumento funeario dei Metelli II sec. d.C. Musei Civici di Reggio Emilia. Foto Carlo Vannini
Ordini all’esercito di avanzare lentamente verso il bosco. Camminate tra gli alberi e il fango per un po’, sempre in salita, senza avvistare nessuno. Intorno a voi aleggia un silenzio carico di tensione, rotto soltanto dallo scalpiccio delle caligae, i calzari dei soldati, sulle foglie. Poi, un sibilo e un grido: un legionario è caduto, colpito alle spalle da una freccia. E poi di nuovo: un sibilo, un lamento e un altro soldato ferito.
Ti guardi intorno disorientato, senza capire da dove provengano i colpi. Un attimo dopo un nugolo di frecce, pietre e proiettili di piombo si abbatte sull’esercito: cadono dall’alto e sembrano venire da tutte le direzioni, seminando il panico nei soldati.
È un’imboscata! I Liguri stanno sfruttando la loro migliore conoscenza del luogo per costringervi alla ritirata, consapevoli di non essere in grado di tenervi testa in uno scontro aperto. I tuoi uomini, incapaci di difendersi di fronte ad un nemico che neppure riescono a vedere, cominciano a darsi alla fuga, e così sei costretto ad annunciare a gran voce la ritirata. Ti allontani a cavallo in fretta e furia prima di essere ferito, stringendo i denti per la rabbia. «Oggi avete vinto una battaglia, barbari» dici tra te e te. «Ma domani…guai a voi!». Scendi dal monte con il tuo esercito meditando vendetta. Presto verrà il tuo momento e metterai i Liguri in ginocchio, ma per ora devi rimandare i tuoi sogni di gloria.
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