La linea continua
Finzioni
Particolarmente significativo il corpus di disegni di scenografia, costituito da 141 fogli che coprono un arco cronologico che va dalla fine del XVII secolo alla metà dell’Ottocento, e testimoniano la vitalità di una ricerca artistica che vede molti protagonisti reggiani attivi sulle scene dei principali teatri europei. Il passaggio a Reggio Emilia dei fratelli Bibiena tra il 1688 e il 1696 rappresenta una svolta per la produzione artistica locale che da lì a breve sarà in grado diesprimere personalità come Giovanni Antonio Paglia, attivo nel 1741 nelle pitture del soffitto del Teatro di Cittadella, e Prospero Zanichelli (1698-1772), nella cui produzione si rivela un progressivo interesse per la dialettica ombra/luce, a cui viene affidato un ruolo fondamentale nell’individuazione della progressione prospettica degli spazi.
Si deve soprattutto a Francesco Fontanesi (1751-1795), esponente autorevole nel solco della tradizione emiliana, ma anche di essa profondo innovatore, l’apertura a una più motivata ricerca tra funzione e rappresentazione. La sistematica riduzione degli elementi di scena, più funzionali al testo e coerenti tra di loro, si unisce a un più accentuato utilizzo delle luci attraverso l’accostamento marcato del bianco e del nero e l’uso di colori intensi e variati.
La scenografia romantica, rappresentata dai fogli di Alessandro Prampolini, prosegue in questa direzione attraverso un uso emotivo del colore, specchio dell’animo dei protagonisti, non più solo scelta stilistica. Aspetti che nel XX secolo ritrovano una collaudata e colta ripresa nelle opere di Giulio Ferrari, artista oltre che illuminato collezionista a cui dobbiamo un nucleo importante dei disegni antichi del Museo.
Tra i disegni di architettura, di cui sarà da affrontare uno studio sistematico, sono state scelte alcune vedute di cupole, soffitti e “sott in su”, ad accompagnare l’esposizione del disegno preparatorio di una importante opera d’arte contemporanea realizzata nel 2004 dall’artista americano Sol LeWitt per il soffitto della Sala lettura della Biblioteca Panizzi. La realizzazione dell’opera è stata affidata a giovani artisti della città, quindi per l’artista il disegno di progetto è l’essenza dell’opera. Scrive Sol LeWitt: “l’aspetto dell’opera è secondario rispetto all’idea dell’opera stessa e ciò fa dell’idea il fattore di primaria importanza. Fondamentale non è ciò che l’opera sembra ma ciò che è”. Anche in questa formulazione estrema il disegno rivela tutta la sua vitalità contemporanea.
Il grande cartone di Cirillo Manicardi rappresentante L’Usura che sotto forma di scheletro schiaccia l’umanità (cartone per la decorazione poi non realizzata per la facciata del Palazzo del Monte di Pietà), insieme a disegni e bozzetti per la decorazione del Palazzo della Cassa di Risparmio di Via Toschi, testimoniano l’impegno dell’artista nella pratica del disegno a cui in questi anni affida l’espressione delle sue nuove idee artistiche aggiornate alle ricerche dell’ art nouveau.