Il padiglione Lombroso dal 1907 al 1930 ha ospitato i “prosciolti”, coloro che avevano commesso un reato ma che erano stato giudicati incapaci di intendere di volere: questi pazienti non venivano mandati in carcere, ma in padiglioni appositi negli ospedali psichiatrici.
Proprio per questo il Lombroso ha due ali di celle ed era circondato da un muro, oggi ricordato da una ricostruzione in rete metallica. Non era detto però che i ricoverati si rassegnassero alla reclusione e all’isolamento, come ci testimonia un rocambolesco tentativo di fuga di cui troviamo una cronaca nell’archivio del San Lazzaro, grazie ai documenti dell’inchiesta a carico degli infermieri che si erano quasi lasciati sfuggire il paziente.
Pietro T. viene ammesso il 3 ottobre 1919 per essere sottoposto a perizia psichiatrica e il 31 dicembre 1919 viene “prosciolto, per vizio di mente, dall’accusa violenza privata”. Durante il ricovero alterna periodi di apatia a momenti di grande agitazione, in cui chiede di uscire, si lamenta per le condizioni del ricovero e lacera le lenzuola; viene talvolta legato al letto.
Nella notte tra il 9 e il 10 febbraio del 1927 tenta la fuga dal padiglione Lombroso, approfittando della scarsa sorveglianza degli infermieri in turno (che diranno poi di essere stati distratti dalle urla di altri ricoverati). Indisturbato, esce dalla propria cella rimasta aperta e si reca nel bagno degli infermieri dove stacca il tubo di un lavandino e, con questo, forza la porta d’uscita. Torna poi diverse volte in camera per prendere vari oggetti: un lenzuolo, diversi bastoni da scopa, due ferri per attizzare il fuoco e soprattutto tre materassi, che pensa di utilizzare per costruire un tappeto elastico che lo aiuti a saltare al di là del muro.
Nel frattempo, al cambio del turno gli infermieri appena entrati in servizio si accorgono della cella aperta e lo trovano dopo una breve ricerca: stremato e infreddolito, si fa presto convincere a tornare all’interno.
Pietro T., che aveva già sofferto di problema polmonari, a causa della notte al freddo ha una ricaduta: viene subito trasferito in infermeria, ma muore quattro giorni dopo la tentata fuga.
Al termine dell’inchiesta gli infermieri negligenti vengono sospesi dal servizio, con però la garanzia di un sussidio alle famiglie.
Chiara Bombardieri
Conservatrice onoraria del Museo di Storia della Psichiatria