[dialogo con: Luigi Bartolomeo Avanzini, Girolamo Beltrami, Chiesa dei Santi Carlo e Agata, 1639 ca., via San Carlo 1, Reggio Emilia; AA.VV., DIASPORA, un progetto di Manuel Portioli, 2018, videoinstallazione circolare]
Una fra le prerogative principali dell’uomo moderno è il movimento. Lo spostarsi da un posto all’altro, per tutte le ragioni che ritiene necessarie, fa di lui, e di noi, un uomo moderno; scandagliando quindi tutte le varie motivazioni che nei secoli hanno spinto gli uomini “moderni” a spostarsi, emerge una motivazione ricorrente, che oggi può suonare superata per qualcuno, ma che in realtà resta indiscutibilmente salda fra le motivazioni principali per affrontare un viaggio: la religione.
Molte sono le strade “a grande percorrenza” che nella storia attraversavano – e attraversano ancora – tutte le terre conosciute al tempo per questa motivazione: il Cammino di Santiago, la via Francigena e tante altre. Proprio un ramo della via Francigena, di fatto parallelo a questa, seppur minore per fama ed importanza, era un cammino religioso noto e relativamente percorso da oranti e pellegrini: la Via del Volto Santo che, passando nel cuore della nostra città, prende il nome di Via Matildica del Volto Santo, per celebrare la figura di Matilde di Canossa, molto legata alla Chiesa cattolica.
Percorrendo questa via, si passerà accanto ad una chiesa, di storia millenaria, che godette di una discreta celebrità per tutto il tempo della sua attività: la Chiesa dei Santi Carlo ed Agata. In età alto medievale intitolata a San Faustino, venne in seguito dedicata a Sant’Agata e solo nel corso del XVII secolo a San Carlo. Oggi l’edificio presenta un elegante portico secentesco, con la disposizione delle colonne a serliana, ad indicare l’ingresso dell’aula sacra; all’interno la chiesa è completamente spoglia fatta eccezione per quattro statue allegoriche in gesso.
L’assenza di arredo e di decori deriva dal fatto che ad oggi la chiesa è sconsacrata ed è di proprietà della curia vescovile di Reggio Emilia. Da sacralità prettamente religiosa, in seguito alle soppressioni napoleoniche, questa chiesa si è ritrovata priva della sua precipua funzione. È sulla scorta di questa situazione che con una felice intuizione si è scelto di accentuare l’assenza di religiosità, mantenendo tuttavia l’aspetto sacro di questo luogo così affascinante: uno degli esempi più eclatanti è l’esposizione dell’opera dell’artista Claudio Parmiggiani, Croce di luce, avvenuta nel 2004, grazie alla quale si riesce a pensare meglio all’idea di unione e commistione fra sacro e profano; inoltre dal 2010 la chiesa è tappa fissa della manifestazione internazionale Fotografia Europea, e sovente ospita altre mostre ed installazioni.
Da tempio sacro della religione a tempio sacro della cultura nel senso più alto e, se vogliamo, profano del termine. È nel 2018 che l’associazione FlagNoFlags, che si impegna nell’approfondire il dialogo tra arte e contemporaneità affrontando tematiche urgenti per i nostri tempi, con artisti che fanno da ponte tra le loro radici e un respiro più internazionale, ha scelto questa chiesa come luogo per una video installazione. L’opera, progettata da Manuel Portioli, immaginata e creata insieme a diversi artisti, quali Beatrice Favaretto, Evi Pärn, Clémence B. T. D. Barret, Vardit Goldner, Shahar Marcus, Hidemi Nishida, Felice Hapetzeder, Wenlin Tan, LIUBA, era composta da 10 schermi che riproducono video, disposti circolarmente, in un’ambientazione essenziale e buia, per concentrare l’attenzione del visitatore.
Il titolo, DIASPORA, riprendeva l’elemento del viaggio, dell’andare, che nella nostra epoca accade per i motivi più complessi. Le diverse nazionalità ed esperienze estere degli artisti confluivano in questa installazione, che sviscerava in maniera totale e coinvolgente la tematica del viaggio, e quindi dell’abbandono, della guerra, dell’addio, dell’ignoto, dell’altro.
Non c’era un ordine preciso per vedere queste opere: una tematica così universale, così visceralmente legata alla storia dell’uomo sulla terra (la diaspora più famosa e che ha fatto scuola è quella biblica, non dimentichiamolo) non necessita di ordini letterari per funzionare. Un’opera coinvolgente e umanamente imponente; un incrocio di vie e di vite, l’uomo che da animale profano diventa quasi voce di una nuova sacralità. Il tutto in un luogo che da religioso è diventato laico, rimanendo sacro; un luogo che ha fatto degli incroci di vie e di vite la sua ragione di nascita e la sua ragione di vita.
Lorenzo Zanchin
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Art Ad.Virus è un progetto nato e ideato con la congiunzione di diversi eventi più o meno inaspettati: l’evolversi della pandemia da Covid, il sopravvivere della cultura (e dell’arte) nel mezzo di questa e l’elezione di Parma (e anche Reggio Emilia e Piacenza) come Capitale Italiana della Cultura 2020+2021. Di fronte a questa situazione, abbiamo capito quanto fosse importante che la cultura non restasse al suo posto, ma uscisse dai luoghi a questa deputati, chiusi per il lockdown; abbiamo quindi scelto alcune tematiche che si susseguiranno con scadenza mensile, ognuna delle quali approfondita in relazione ai diversi ambiti dell’arte figurativa: pittura scultura, archeologia, performances, cinema e tanti altri. Perché questo nome? Ci siamo ispirati alla figura lavorativa dell’Art Advisor, a cui abbiamo preferito sostituire parte del nome con un termine attualissimo: virus. È in realtà un augurio: di farci contagiare inaspettatamente dall’arte e dalla cultura che Reggio Emilia e il suo territorio offrono.
Art Ad.Virus è un progetto a cura di Martina Ciconte, Chiara Eboli, Benedetta Incerti, Maria Chiara Mastroianni, Lorenzo Zanchin del Servizio civile volontario