[dialogo con: Elisa Pellacani, In my mind, 2018, stampa cianotipica su carta Rosaspina in strisce assemblate in pieghevole circolare con dorso, Reggio Emilia]
Uno dei fulcri su cui l’istinto primitivo della sessualità dell’uomo si regge non trova la sua ragion d’essere in motivazioni esclusivamente organiche e fisiche, bensì piuttosto in un bisogno che trascende questi slanci materiali: il bisogno del contatto con l’altro. È nel contatto con l’altro, in una sorta di comunione atavica, che realizziamo in senso pieno lo slancio verso l’eros, verso la sessualità; così andiamo al di là dell’istinto strettamente riproduttivo, così aggiungiamo quel quid in più di umano che ci fa sentire, in bene o in male, lontani dal mondo prettamente animale e naturale. Si può dire che senza la coscienza di questo fatto, senza la relazione con l’altro, noi non saremmo pienamente umani.
Questo nostro aspetto così speciale e atavico ha prestato il fianco a svariate riflessioni nel corso del Novecento, di ogni tipo. La più stimolante, da mettere in relazione con quest’opera, è la celebre frase di Jean-Paul Sartre: «L’inferno sono gli altri.»; non è da intendersi che gli altri sono peggiori – o più cattivi – di noi, ma si deve intendere come: i nostri rapporti con gli altri sono viziati, spesso e volentieri, dai giudizi. Questi giudizi creano l’Inferno, che sono tuttavia anche un mezzo per permetterci di conoscere noi stessi. Conoscendo noi stessi, però, si evidenzia questo fatto: le nostre definizioni di noi stessi sono indissolubilmente legate ai giudizi, o descrizioni, che hanno fatto di noi le persone che abbiamo intorno. Ed è così che noi ci definiamo non in reazione a un’altra persona, bensì nella relazione con un’altra persona.
Nell’analizzare quest’opera artistica, di Elisa Pellacani, un libro in esemplare unico, vediamo disegni, stampe di colore ciano che mettono in immagini il miracolo della relazione con l’altro, che parte da un incontro con se stessi, per poi espandersi e ritrovarsi nell’Altro.
I segni astratti uniti stampe di carattere finito parla di «qualcosa che non c’è», scrive l’autrice, che, però, ci rende immensamente umani.
Lorenzo Zanchin
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Art Ad.Virus è un progetto nato e ideato con la congiunzione di diversi eventi più o meno inaspettati: l’evolversi della pandemia da Covid, il sopravvivere della cultura (e dell’arte) nel mezzo di questa e l’elezione di Parma (e anche Reggio Emilia e Piacenza) come Capitale Italiana della Cultura 2020+2021. Di fronte a questa situazione, abbiamo capito quanto fosse importante che la cultura non restasse al suo posto, ma uscisse dai luoghi a questa deputati, chiusi per il lockdown; abbiamo quindi scelto alcune tematiche che si susseguiranno con scadenza mensile, ognuna delle quali approfondita in relazione ai diversi ambiti dell’arte figurativa: pittura scultura, archeologia, performances, cinema e tanti altri. Perché questo nome? Ci siamo ispirati alla figura lavorativa dell’Art Advisor, a cui abbiamo preferito sostituire parte del nome con un termine attualissimo: virus. È in realtà un augurio: di farci contagiare inaspettatamente dall’arte e dalla cultura che Reggio Emilia e il suo territorio offrono.
Art Ad.Virus è un progetto a cura di Martina Ciconte, Chiara Eboli, Benedetta Incerti, Maria Chiara Mastroianni, Lorenzo Zanchin del Servizio civile volontario