Insieme all’esperienza della scuola in Museo proseguono anche le occasioni di confronto e di dialogo con insegnanti e bambini. Dopo i primi mesi abbiamo cominciato a raccogliere, attraverso questionari e momenti di scambio, le impressioni degli attori coinvolti. Il progetto, per la sua natura sperimentale e per la novità che riveste sia per gli educatori del museo sia per le scuole, necessita di riscontri, conferme e messa in discussione di azioni e pensieri fatti. In particolare le riflessioni e lo sguardo degli insegnanti sono necessari e preziosi, un punto di vista imprescindibile per continuare ad interrogarsi su questa esperienza, per riflettere su quello che sta succedendo e per cominciare a valutare la possibilità di fare di questo progetto una buona pratica in cui il museo diventa estensione della scuola. Non solo appuntamento occasionale e sporadico quindi, ma un luogo vissuto da bambini, ragazzi e insegnanti come un naturale prolungamento della loro aula.
Tre insegnanti dell’istituto comprensivo Manzoni hanno condiviso con noi alcune considerazioni rispondendo a tre domande che vogliono essere una prima riflessione generale. Santina Abate, insegnante della scuola G. Pascoli (classe 4^), Elisabetta Bedogni, della scuola A. Negri (classe 2^), Vincenzo Moncada, della scuola A. Bergonzi (classe 5^).
In seguito alla settimana passata in museo, come ti sembra che i ragazzi abbiano vissuto l’esperienza?
Santina Abate: “L’esperienza di scuola aperta vissuta al museo è stata molto apprezzata dai bambini della 4^ della scuola primaria G. Pascoli. Hanno, anche se solo per qualche giorno, abbandonato i loro banchi scolastici per immergersi in questo luogo di cultura e fare esperienza dal vivo di vari temi che, affrontati solo sui libri, sarebbero risultati di certo poco accattivanti e meno interessanti.
I bambini si sono rivelati non solo visitatori ma “attori” nell’atto di apprendere i vari fenomeni, sperimentando, scoprendo, dando significato e costruendosi un’opinione personale sugli argomenti trattati.
Stimolanti sono stati anche i laboratori creativi in cui gli alunni si sono cimentati in attività manuali scoprendosi tutti “capaci”, ciò ha sicuramente favorito l’autostima di alcuni.”
Elisabetta Bedogni: “I miei bambini hanno vissuto intensamente la settimana al museo perché sono stati coinvolti e si sono lasciati coinvolgere da proposte didattiche complete e stimolanti.
Si è rivelata sicuramente molto utile la prima giornata di esplorazione degli spazi museali perché i bambini hanno potuto formarsi un’idea generale di quante sezioni e reperti fossero contenuti e, durante le giornate successive, hanno potuto soddisfare le curiosità suscitate dalla prima visita.
L’esperienza della settimana al museo è tuttora viva in loro, sia per le dinamiche laboratoriali che hanno vissuto, sia per l’approccio interdisciplinare che hanno potuto esperire concretamente e di cui emergono ancora tracce.
Nella mia classe, in particolare, avendo vissuto l’esperienza proprio all’inizio dell’anno, è stato poi possibile iniziare un percorso di approfondimento interdisciplinare che sta tuttora continuando e che è proprio partito dagli stimoli raccolti dopo la settimana al museo.”
Vincenzo Moncada: “I ragazzi erano ‘carichi’ già prima di iniziare l’esperienza, sembrava dovessero partire per un viaggio, per una gita. Cambiare luogo di lavoro li ha stimolati ad un apprendimento più vivace. Al museo lo hanno subito dimostrato: i loro occhi erano pieni di curiosità e meraviglia di fronte ai reperti archeologici, agli animali imbalsamati, alle vetrine piene di oggetti del passato, l’attenzione prestata e gli interventi effettuati erano colmi di interesse. Per alcuni era la prima volta al museo per altri no, ma tutti sono stati catturati dal luogo un po’ magico, dalla possibilità di poter esplorare le varie stanze quasi in autonomia, potendosi soffermare ad osservare, a disegnare, a studiare le cose per loro più interessanti.
Ogni giorno i bambini sono entrati pieni di aspettative, pensando a cosa avrebbero sperimentato e le proposte laboratoriali effettuate hanno colmato le loro attese. La partecipazione alle attività è avvenuta sempre con entusiasmo e voglia di fare, c’erano tante mani alzate che richiedevano la parola o che si contendevano l’inizio di un laboratorio.
Poter ‘abitare’ il museo ha permesso ai bambini di conoscere gli spazi, di orientarsi, di prendere coscienza del passato attraverso situazioni ludiche di apprendimento. La scoperta di alcune leggi della fisica attraverso il gioco è stata un’esperienza interessante che ha facilitato la comprensione di concetti difficili e che sicuramente è rimasta impressa nella mente di ognuno. Ne è stata la prova la rielaborazione di questa esperienza, fatta in classe a distanza di tempo, con i ragazzi, anche quelli solitamente più distratti, che sono intervenuti in modo preciso per raccontare con ricchezza di particolari.
È stata apprezzata anche la presenza di giovani guide museali, specializzate nelle diverse tematiche, che hanno saputo coinvolgere tutti gli alunni, imparandone a riconoscere le peculiarità e interagendo con loro con pazienza e rispetto dei tempi e delle capacità di ognuno.”
Quali sono gli aspetti che ritieni più innovativi di questo progetto?
Santina Abate: “La possibilità di ‘abitare’ il museo, viverci, conoscerne gli spazi, muoversi al suo interno sapendosi orientare alla ricerca di oggetti reali, lo ha reso più accattivante rispetto all’idea che tutti hanno di questo luogo, svecchiandone l’immagine di stantio e chiuso.
I setting moderni e dinamici si sono rivelati molto funzionali rispetto alle attività più disparate, rendendolo un ambiente vivace e confortevole, adatto all’apprendimento.”
Elisabetta Bedogni: “Ritengo che questo progetto si sia rivelato vincente sia perché ha sicuramente fatto nascere nei bambini l’idea che si può fare scuola anche al di fuori degli spazi tradizionali, sia perché ha mostrato loro un’idea di scuola più completa e stimolante. È vero che in questi anni, grazie alle nuove tecnologie, la didattica ha assunto connotati più diretti e vicini al mondo dei bambini, consentendo in ‘tempo reale’ di mostrare loro concetti o idee che prima si potevano solo vedere su un libro o che venivano spiegati oralmente, tuttavia la possibilità di ‘toccare con mano’ gli apprendimenti è stata possibile solo all’interno del museo stesso.
Negli anni passati le giornate laboratoriali al museo hanno sempre fatto parte della mia proposta didattica, risultando un utile strumento per introdurre un nuovo argomento o per approfondire un argomento già noto. Poter invece ‘vivere’ dentro al museo un’intera settimana ha permesso di fare del museo la quotidianità della vita scolastica, permettendo ai bambini di abitare un’aula ben più grande di quella in cui trascorrono l’intero anno scolastico.
È indubbio che durante la settimana al museo le giornate erano scandite dalla curiosità verso i laboratori che ci sarebbero stati proposti, però fin dai primi giorni i bambini hanno saputo crearsi una propria ‘routine scolastica’, apprezzando i vari momenti dall’inizio alla fine della mattinata e vivendoli tutti nella loro specificità. Ecco allora che era un momento di festa quando ci ritrovavamo al mattino davanti al portone grigio dell’ingresso e tutti insieme aspettavamo di entrare nel cortile e ‘affrontare’ le numerose scale che ci portavano nella nostra meravigliosa aula-laboratorio al terzo piano, attraversando un insolito e silenzioso museo, in cui gli oggetti quasi ci salutavano al nostro passaggio… Così come fin da subito era ‘naturale’ lasciare gli zaini vicini al muro, prendere il libro e sederci sui gradoni di legno, dove potevamo scegliere come sederci, purché rispettassimo i ‘bolloni blu’ del distanziamento! Ed era veramente una gioia ascoltare di nascosto le conversazioni tra i bambini che, sottovoce, si chiedevano quale spazio del museo avrebbero ‘visitato’ quella mattina e quali meraviglie avrebbero scoperto.
A tutto ciò si aggiunge, indiscutibilmente, l’approccio interdisciplinare che le proposte museali e l’abitare gli spazi del museo stesso hanno messo in campo.
Durante la settimana al museo, con i laboratori proposti dagli esperti, le discipline si sono fuse e ‘confuse’ continuamente pur rimanendo riconoscibili e richiedendo l’utilizzo delle conoscenze/competenze proprie di ciascuna, ma le proposte attuate hanno anche permesso di vivere concretamente e in modo naturale l’esperienza di intrecciarle e cogliere da ciascuna le abilità che servivano per una precisa attività proposta.
I bambini della mia classe sono ancora molto piccoli per essere in grado di cogliere metacognitivamente le capacità di confronto e collegamento che hanno messo in atto durante l’esperienza fatta, tuttavia queste abilità ‘sono state sollecitate’ e tuttora noto con piacere che emergono anche nei momenti più impensabili.
Da ultimo, ma non per importanza, ritengo che l’esperienza al museo abbia permesso di utilizzare un ‘linguaggio comune’ che va al di là della competenza linguistica verbale di ciascuno perché è stata un’esperienza immersiva completa che non richiedeva necessariamente la padronanza della lingua italiana: la molteplicità dei linguaggi (soprattutto non verbali) che l’abitare il museo ha naturalmente fatto emergere ha consentito a ciascun bambino di fare propria l’esperienza vissuta, rendendola unica per sé e per il proprio percorso formativo.”
Vincenzo Moncada: “La frequenza prolungata di un luogo consente di ‘affezionarsi’ a ciò che c’è dentro, diventa come di proprietà per cui si cerca di rispettare sia l’ambiente, sia ciò che riesce a trasmettere. Una settimana al museo coinvolge tutti, bambini, insegnanti e famiglie, diventa un modo per diffondere la cultura sia direttamente che indirettamente attraverso il racconto, il passaggio di informazioni tra alunni e insegnanti, tra alunni e genitori.
Il museo con la vivacità dei bambini si anima ma allo stesso tempo restituisce tranquillità, senso di responsabilità, fiducia.
È stato importante poter progettare il percorso tenendo conto delle esigenze didattiche e poterlo adattare alla nostra realtà scolastica. In una settimana si sono affrontate diverse tematiche attraverso laboratori e attività che hanno riguardato quasi tutte le materie scolastiche.”
La Scuola IN Museo è nata in risposta ad esigenze legate all’emergenza pandemica. Può aver senso ipotizzare di replicare il progetto anche negli anni scolastici futuri?
Santina Abate: “La scuola ‘G. Pascoli’ è adiacente al centro cittadino verso il quale ci muoviamo facilmente e da sempre il Museo è meta delle nostre uscite didattiche. Le collezioni, le raccolte, la varietà dei laboratori, la competenza degli operatori sono veri punti di forza.
In questo particolare momento storico, abbiamo colto al volo l’opportunità di ‘vivere’ il museo. Immergersi in quell’atmosfera è stata un’esperienza sicuramente emozionante, e sono proprio le emozioni a rendere interessante qualsiasi attività.
Perché replicare il progetto? Per dare occasione a tutti i bambini di fruire di stimoli diversi, di conoscere il territorio e le sue risorse, di avvicinarsi alla conoscenza attraverso l’esperienza diretta in un ambiente alternativo e accattivante.”
Elisabetta Bedogni: “Sono assolutamente convinta che se questo progetto potesse venire ripetuto, al di là dell’emergenza sanitaria che lo ha visto nascere, potrebbe risultare ancora più formativo ed efficace.
Come ho già espresso precedentemente, ritengo che l’esperienza di abitare il museo per un’intera settimana consenta di unire la routine scolastica, che è fatta sia di apprendimenti che di relazioni, con l’efficacia dei laboratori proposti dal museo stesso, in una ‘prospettiva linguistica’ comune a tutti. Al di là della valenza assolutamente indubbia dei laboratori didattici proposti che, grazie alla co-progettazione, sono risultati efficacemente rispondenti alle esigenze didattiche ed esperienziali delle singole classi coinvolte, credo che l’abitare il museo abbia permesso un’apertura mentale che una singola giornata di laboratorio sicuramente non consente. Mi spiego meglio: anche la semplice possibilità di ‘passeggiare’ tra le stanze del museo, per raggiungere uno spazio piuttosto che un altro, tutti i giorni, più volte al giorno, ha permesso ai bambini di soffermarsi liberamente su ciò che più li colpiva e, nello stesso tempo, ha suscitato in loro così tante curiosità che non sarebbe sufficiente un intero anno di scuola per rispondere a tutte!
Abitare il museo un’intera settimana permette, infatti, di sentirlo come un ambiente ‘conosciuto e vivo’, in cui ci si orienta facilmente e si possono scoprire ogni giorno cose nuove che, anche se sono state sempre lì, non si erano colte prima. E ciò, a mio avviso, favorisce lo sviluppo di un percorso di apprendimento completo che potrà essere poi continuamente sostenuto una volta rientrati nelle consuete aule scolastiche.”
Vincenzo Moncada: “Sarebbe molto interessante poter ripetere questa esperienza anche in futuro per la sua valenza istruttiva ed educativa. Le lezioni al museo come punto di partenza per sviluppare conoscenze o di arrivo per sperimentare e verificare ciò che si è acquisito sarebbero di stimolo per attivare un percorso di apprendimento più accattivante e proficuo. I bambini resterebbero attratti e affascinati da queste esperienze concrete riuscendo a fissarne i contenuti e facendoli diventare parte del loro bagaglio culturale.”