I movimenti d’opinione che attraversarono l’Italia negli anni sessanta e settanta e la coscienza stessa di operatori psichiatrici, intellettuali e politici non si potevano accontentare delle modifiche introdotte dalla Legge Mariotti: il manicomio non doveva essere migliorato, ma chiuso. L’esperienza di Basaglia, che dopo Gorizia e Parma era approdato a Trieste dove era riuscito a portare a compimento il suo progetto, dimostrava a tutti che del manicomio si poteva fare a meno.
Nel 1978, quando il paese era in piena emergenza per il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, venne approvata la Legge 180, che riforma radicalmente l’organizzazione dei servizi di psichiatria. La Legge 180 sancisce il superamento degli Ospedali Psichiatrici, il superamento del concetto di pericolosità sociale, la diffusione dei Centri di Salute Mentale, l’inserimento di reparti ospedalieri di Psichiatria negli Ospedali Generali, la durata massima (sette giorni) dei Trattamenti Sanitari Obbligatori. In sostanza la sostituzione di un sistema centrato sull’Ospedale Psichiatrico con un modello di psichiatria di comunità.
Il San Lazzaro, che all’inizio degli anni 70 aveva ancora più di 2000 ricoverati, il 1° gennaio 1979 ospita “solamente” 958 persone che saranno dimesse nel corso degli anni successivi (con un processo di dimissione molto lento, che si concluderà come negli altri Ospedali Psichiatrici italiani solo nel 1996).
1975 Apertura dei primi Centri di Salute Mentale a Trieste
1976 Divisione delle cattedre di psichiatria e neurologia
1978 Promulgazione della Legge 180