Salone centrale

Mobili, sculture, arredi sacri e profani di provenienza europea, sono ospitati nel Salone Centrale accanto ad un gruppo d’oreficerie di produzione Marcy collocate nelle vetrine centrali. Il grande salone dalle pareti in rosso pompeiano rivestite di boiserie e coronato dall’ampio lucernario raccoglie i pezzi che secondo Parmeggiani concorrevano a ricoprire i ruoli di maggior prestigio all’interno dell’intera collezione. I dipinti esposti sono prevalentemente di provenienza italiana, e rispecchiano il gusto eclettico di Escosura e Parmeggiani, dei quali sono conservate, nelle targhette in ottone, le attribuzioni forzate tipicamente ottocentesche e quindi da leggere in chiave storica piuttosto che critica. Tra le opere più pregiate si possono notare i tre dipinti cui lo stesso Parmeggiani diede particolare rilievo collocandoli al centro della sala: il Ritratto del Principe Carlos di Borbone di Herrera Barnuevo e precedentemente attribuito a Velasquez; il Trittico del XVI oggi attribuito al maestro di Bruges e in passato riferito a Van Eyck; il Salvatore Benedicente di sicura attribuzione a El Greco.

Il Salone Centrale riproduce l’impianto della galleria d’antiquariato gestita da Parmeggiani a Parigi in Rue de Penthièvres, dalla quale provengono in parte gli arredi espositivi. Gran parte delle opere presenti nel salone centrale sono raffigurate nei dipinti di Ignacio Leon y Escosura e sono quindi riconducibili (tranne alcuni acquisti effettuati da Parmiggiani dopo il ritorno a Reggio) alla collezione del pittore che li utilizzava infatti per le fastose ambientazioni “di interno” dei suoi quadri di storia. L’arredo ligneo della Galleria Parmeggiani nel suo complesso – miscellanea di pezzi autentici, diligenti rifacimenti “in stile” e disinvolte, quanto ingegnose ricomposizioni di materiale antico – si configura come espressione eloquente del gusto della sofisticata stagione dei Revivals ottocenteschi. È nella Francia degli anni Trenta, auspice la divulgazione di repertori d’incisione, come quelli del Moret e di Eduard Du Sommerard, che prendono il via le colte e spesso “addomesticate” rivisitazioni del Medioevo e del Rinascimento, solo marginalmente spodestate, già sullo scorcio del quinto decennio del secolo, da un aggiornamento del gusto in senso neorococò. E proprio dalla Francia proviene la stragrande maggioranza del mobilio qui esposto. Alla raccolta Parmeggiani senz’altro si addice la definizione coniata dagli inglesi di “romantic interiors”, ove fonti d’ispirazione stilistica difformi pacificamente convivono in vista di un’immaginosa rigenerazione di ambienti di epoche passate, meticolosamente ricomposti con l’ausilio di testimonianze eterogenee, incompatibili per epoca e provenienza, ma amalgamate da univoche scelte culturali e commerciali. Per quanto non esista documentazione alcuna in merito agli arredi lignei confluiti nella collezione, è proprio quest’ultimo aspetto, ossia la sostanziale organicità di pensiero che sottende al nucleo originario e numericamente più cospicuo dell’ammobiliamento, siglato invariabilmente da una dominante stilistica gotico – rinascimentale di prevalente ispirazione francese, a costituirne il coerente filo conduttore riconducibile all’estrosa personalità di Ignacio León y Escosura.