Sala delle Armi

Allestita nella omonima sala, la raccolta è formata da novantuno pezzi, una cinquantina autentici (almeno nei materiali, anche se spesso con rimaneggiamenti), gli altri di produzione ottocentesca a imitazione dell’antico. Lionello Giorgio Boccia, che nel 1984 ha studiato e schedato la collezione nell’ambito di un suo più complessivo volume dedicato alle Armi antiche delle raccolte civiche reggiane ha individuato nel primo gruppo trenta armi bianche lunghe (con un’interessante serie di spadini), una decina di armi bianche corte, alcune armi da fuoco, qualche oggetto diverso. Si tratta di pezzi autentici o ricomposti con materiale originario autentico, talvolta con interventi decorativi ottocenteschi.

Di gran lunga più interessante il secondo nucleo della raccolta che Boccia collega alla produzione Marcy, individuando per primo quell’equazione Luois Marcy = Luigi Parmiggiani decisiva per lo sviluppo della conoscenza della collezione.
Scrive Boccia: “Le strette analogie stilistiche tra i pezzi Marcy conservati – ad esempio quelli famosi nel Victoria and Albert Museum di Londra e al Metropolitan Museum di New York – con i numerosi arredi ecclesiastici, smalti e armi presenti a Reggio Emilia sono chiarissime. All’ambiente, o al connesso mercato della capitale francese, risalgono anche altri falsi, specie quelli di armi difensive. Non tutto questo gruppo Parmeggiani è riferibile ad una stessa mano. Se ne distinguono vari sottogruppi, che vanno dal clima maturato a partire dagli Anni Trenta dell’Ottocento a quelli dove lo scadere del secolo si tradisce nei suoi sottintesi di art nouveau. Questo largo insieme di pezzi “creati” o ricomposti o alterati, alcuni di notevole interesse, fanno della Parmeggiani uno dei luoghi deputati per lo studio storico-critico del fenomeno della grane falsificazione ottocentesca, nutrita dallo spirito neogotico e romantico, fortificatasi nell’eclettismo, affinata dalla filologia positivista, favorita dal rilancio teorico e pratico dell’artigianato produttivo specie dopo il Cinquanta.”


Francia, Spadino, c.1775 – Argento intagliato, mm. 997×92


Nel nucleo di armi autentiche della Galleria Parmiggiani spicca la serie di spadini settecenteschi. Questo esemplare, inseribile nella produzione francese di fine Settecento, si caratterizza per il marchio del giglio che compare sulla guardia, riferito con ogni probabilità al forbisseur. Il fornimento, d’argento intagliato, è ornato davanti con una faretra e un elmo piumato, tra bandiere e un tralcio d’alloro, e dietro con una zampogna e un cartello pentagrammato. Il colmo della guardia è ornato davanti con un trofeo d’armi e dietro con uno di strumenti musicali. Il tallone dorato è inciso in una targhetta con una nuvola dalla quale spuntano bandiere cuspidi e trombe; sulla mezzeria della costola è inciso una scudo ovale accollato da palme e sormontato dalla corona reale francese mentre la faccia opposta reca la scritta VIVE LE ROY incisa e dorata. (da: L.G.Boccia, Armi antiche delle raccolte civiche reggiane, Reggio E., 1984).


Turingia, Archibuso rigato a ruota, c. 1720 – 1730 con ruota viennese o boema; cane più antico e interventi del secolo XIX – Cassa in pero, osso e madreperla, calcio in ottone, mm. 1238x


L’archibuso è un buon esempio di ricomposizione di materiali originari autentici, tipologia presente nella collezione Parmeggiani. L’arma originale era un buon pezzo databile negli anni tra il 1720 e il 1730, con una cassa sobria ma elegante, come testimoniano gli intagli sull’impugnatura e sul calcio nonché i guarnimenti che vi appartengono, calciolo e guardamacchia. La ruota, coeva, è stata probabilmente commissionata a Vienna o a Praga, ma il cane originale è stato sostituito con un altro più vecchio di una cinquantina d’anni. Alla cassa è stata poi aggiunta, sempre in quel tempo, l’incrostazione molto rustica, impiegando tuttavia modelli grafici che vanno da Adriaen Collaert a Simonin. Le iniziali di questo cassaio J.G.K. che compaiono dietro la codetta sono di notevole rarità. (da: L.G.Boccia, Armi antiche delle raccolte civiche reggiane, Reggio E., 1984).


Europa occidentale, Francia? Casco in forme medievali fine del secolo XIX – Fascia decorativa in rame cesellato e dorato, cuspide in bronzo placcato in oro, mm 205×200, h. mm. 182


Brillante esempio di produzione Marcy, riferibile a un gusto e a un mercato che si nutrono dei risultati di una crescente ricerca documentaria e archeologica. Il casco appare complessivamente nelle forme europee dell’XI – XII secolo di declinazione soprattutto orientale – da una sola piastra, conico, con fascia ornamentale di rigiro – ma ne è ben lontano nella sostanza. Il cappuccio che ne orna la cuspide insieme alle tre liste che ne discendono sono di un ben povero artigianato ottocentesco e le ultime scompaiono al di sotto della fascia, che circonda in basso il coppo e che è di qualità migliore. Anche questa però, a mio avviso, è del tutto dubbia: l’animalismo del romanico non è di questo tipo, così rado e rigido, dove i legamenti delle forme sono date dal girale e non dalle figure, e queste anziché intrecciarsi con vivezza spiegano una linea incoerente nelle secche volute delle code e nelle annodature schematiche. Quanto al coppo, si deve prendere in considerazione la possibilità di un riuso di materiale antico. La vernice bituminosa che ricopre il pezzo lascia affiorare qua e là un metallo che appare chiaro, e invecchiato artificialmente. È evidente che non è stato usato un casco dell’XI-XII secolo: i fori di rigiro non hanno né la cadenza, né la dimensione, né la vicinanza al margine, tipici di quei prodotti.Casco in forme medievali. ( da: L.G.Boccia, Armi antiche delle raccolte civiche reggiane, Reggio E., 1984)


Francia, Rotella, testiera, ferri da sella in forme cinquecentesche – Fine del XIX secolo – Bronzo e ottone, mm 585×590, h. mm 100 (rotella)


I pezzi mostrano non solo una unitaria scelta di fonti decorative – per buona parte dalla scuola di Fontainebleau – ma forse anche una medesima mano esecutiva. La rotella (i cui fori centrali non possono essere quelli di una effettiva imbracciatura) mescola due diverse soluzioni: il tondo centrale è più vicino a Jörg Sigman, mentre per i resto domina il modulo francese (qui con ascendenze “mantovane” da Giulio Romano, Primaticcio, Nicolò dell’Abate). Nella testiera una tecnica eccellente accosta di nuovo due modelli, con la parte superiore che coglie suggerimenti di Etienne Delauen mentre in basso si ispira piuttosto alle figure incatenate di Cornelis Floris. La linea complessiva è però rozza, senza slanci, e le forme del muso e degli orecchioni sono difettose. Una tecnica di prim’ordine presiede anche ai ferri della sella, con suggerimenti decorativi abbastanza ben capiti, in particolare ai fondi dorati animati dal punzone. L’acconciatura a palmetta che orna i mascheroni richiama quella sul capo dell’umanoide sbalzato sulla testiera e corrisponde a un particolare amatissimo dal decorativismo francese, ma anche fiammingo e tedesco, le figure dei delfini insinuano una chiara suggestione araldica presente in tanti pezzi Parmeggiani. Quanto alla attendibilità strutturale, basta rilevare che l’arcione posteriore può essere in due parti, ma mai in tre, e in ogni caso comporta sempre un margine inferiore concavo e senza irregolarità. Questi tre pezzi sono senz’altro tra i più importanti della temperie che ha presieduto a formare la collezione, e tra i più significativi di una ipotetica galleria “dell’antico” che si possa idealmente mettere insieme. (da: L.G.Boccia, Armi antiche delle raccolte civiche reggiane, Reggio E., 1984)



Francia – Fiasca in forme tardocinquecentesche – Fine del XIX secolo


Si tratta di un esemplare di tutto rispetto, sia perché assai ben fatto sia perché consente di istituire un nesso tra la raccolta Parmeggiani e uno dei padri dell’antiquariato d’assalto, Frédéric Spitzer, i cui “restauri” sono famosi non meno dei suoi “abbellimenti”: una fiasca perfettamente simile a questa faceva infatti parte della sua collezione. La decorazione a sbalzo riporta al clima Fontainebleau anche in particolari minuti come quello della cordicella svolta tra le cornici. La cornice di ascendenza buontalentiana risulta in anticipo, e il musacchino in ritardo, a confronto dell’oggetto. Alcuni elementi sono fuori posto: ad esempio la presenza della Vittoria su uno dei medaglioni avrebbe di norma comportato sull’altro quella di un personaggio da esaltare. La mano è diversa da quella degli altri pezzi sbalzati presenti, ma la decorazione incisa sul retro è del solito artefice che ha “ornato” così tante di queste armi. (da: L.G.Boccia, Armi antiche delle raccolte civiche reggiane, Reggio E., 1984).