Audioguida Galleria Parmeggiani
La sala centrale è il cuore della Galleria, sintesi della collezione di opere e di oggetti d’arte che Luigi Parmeggiani mostra per stupire, per presentarsi, per rappresentarsi. Ma chi è Luigi Parmeggiani? A Reggio Emilia l’hanno visto arrivare nel 1924 carico di valigie e tesori. E poco dopo lo stesso Parmeggiani costruiva un palazzo in pieno centro e inaugurava la sua Galleria. Entriamo a visitarla, e conosciamo il suo fondatore, tra luci e ombre, tra opere vere e falsi fatti ad arte.
Rosso pompeiano, un elemento non trascurabile della scena
Il rosso pompeiano non è una semplice nota di colore, ma è un elemento fondamentale nella scena che Parmeggiani vuole mostrarci. Basta vedere il quadro “Salone di casa Parmeggiani” o una foto antica che ritrae l’allestimento della galleria parigina Marcy in rue de Penthievre 26. Questo rosso alle pareti è un tentativo di portare a Reggio Emilia i fasti parigini, di ricostruire uno studio d’artista ottocentesco, di riproporne le atmosfere che Luigi Parmeggiani ben conosceva dal suo passato parigino e londinese.
El Greco, l’autentico della collezione
Una delle opere autentiche della collezione Parmeggiani, cosa, come vedremo, non così scontata. Rappresenta il motivo del Cristo Salvatore, con echi d’arte bizantina presenti nel bagaglio culturale di El Greco. Quest’opera appartenne inizialmente a Sir Charles Robinson, curatore del V&A Museum, e fu poi venduta a Ignazio Leon y Escosura, pittore e collezionista spagnolo trapiantato a Parigi, importante personaggio nella vicenda di Parmeggiani.
Cesare Detti, come un mecenate
Il quadro è posto sopra il camino, proprio davanti a chi entra, come a testimoniare un percorso che il nostro Parmeggiani ha compiuto. L’opera è di Cesare Detti, a cui è dedicata un’intera sala della collezione, e rappresenta lo stesso pittore nei panni di mecenate rinascimentale. Come mecenate lo stesso Parmeggiani si presenta in città dopo esserne fuggito da semplice ciabattino e in odore di anarchia. Questo non è l’unico degli indizi che Parmeggiani crea per raccontarci della sua nuova vita e per costruire un’aura di prestigio intorno a sé.
Camino, elemento di stile ricorrente
Questo camino insegue Parmeggiani: lo capiamo da foto d’epoca che lo ritraggono a Parigi, o che ritraggono altri personaggi a lui vicini. Questo stesso camino si trovava negli spazi antiquari e nei saloni d’artista di casa Escosura a Parigi, frequentata da un certo punto in poi anche da Parmeggiani.
Nel salone di una casa parigina: ma chi ci abitava veramente?
“Il salone di casa Parmeggiani”, recita l’etichetta di questo quadro. Ma siamo poi così sicuri che si tratti veramente dell’abitazione di Parmeggiani a Parigi? E come mai quest’aria di somiglianza tra particolari di questo quadro e quanto è esposto nella Galleria? Da quest’opera può partire la caccia al tesoro, tra rimandi interni e opere vere, pezzi d’interni e smaccati falsi.
Un Paesaggio fiammingo, interessi eclettici
L’opera apparteneva al nucleo collezionistico di Escosura, e non è un caso che lo ritroviamo rappresentato in questa tela.
Si può trovare nella sala dedicata ai fiamminghi in Galleria Parmeggiani, semplicemente indicato come Paesaggio fiammingo. L’attribuzione in questo caso non è certa, e testimonia di un interesse collezionistico eclettico e non esclusivamente concentrato su mirabilia medioevali e rinascimentali di provenienza spagnola.
Ritratto di Isabella di Borbone, un’opera vera della collezione Escosura
Il quadro autentico appartiene alla quadreria spagnola, parte della collezione di Escosura. Opera della scuola madrilena del XVII secolo, con minuziose descrizioni dei gioielli e dei tessuti. Nell’opera di Escosura è appena percettibile il disegno della sagoma. Se non ti accontenti di questo ingrandimento cercalo nel museo per farti un’idea.
Un classico dei falsi di ogni tempo: un Canaletto
È d’obbligo soffermarsi su un Canaletto, artista tra i più amati dai falsari di ogni luogo e tempo. È un Canaletto vero o falso quello che si intravede nella parete laterale? Ed è presente nella collezione Parmeggiani? Seguendo il gioco di rimandi interni lo troviamo anche nella collezione della Galleria, esposto in bella posizione. La veduta veneziana non è certamente attribuibile al Canaletto, e dunque possiamo parlare di falso, anche se quest’opera non è nell’elenco delle specialità di cui si occupava il nostro.
Un tessuto, come in un salotto borghese ottocentesco
Con questo pezzo abbiamo un’anticipazione della collezione del tessile. Il nucleo tessile della Galleria Parmeggiani deriva ancora una volta dalla collezione Escosura. Nella riproposizione e ricostruzione fedele d’ambiente si basava la sua arte, che incontrava il gusto dell’epoca. Tessuti sono presenti quindi nei suoi quadri e li vediamo poi, seguendo il gioco di specchi che questo quadro attiva, anche all’interno della Galleria.
Anna Detti e la vera vita di Luigi Parmeggiani
Partiamo da un ritratto per arrivare a capire chi ha affiancato Luigi Parmeggiani nella sua vita così fuori dall’ordinario. Il ritratto mostra Anna Detti, moglie di Parmeggiani, che lo accompagnerà nella fase finale della sua vicenda. Certamente non l’unica donna, ma importante per i legami oramai stabiliti, che questo matrimonio suggella, dopo molti anni, con la famiglia dei Filieuse-Marcy e con M.me Escosura.
Marie Marcy, la madre
Madre di Augustine Marie Therese e moglie di Victor Filieuse, conosciuto anch’egli come “Marcy”. Sul suo coinvolgimento nella vicenda dei falsi più di un sospetto. Madre e figlie erano conosciute come “le signore Marcy” e si intendeva con questo riferirle alle attività del negozio d’antiquariato. Grazie a loro e alle loro ciarle sulle scale, fu bloccato il passaggio dei gendarmi e ritardato l’arresto di Luigi Parmeggiani, reo di non aver rispettato il decreto di espulsione a suo carico. È il famoso caso di “rue de Londres”, come fu battezzato nella cronaca del tempo. Si favoleggia di immensi tesori e inizierà a carico di Louis Marcy, alias Luigi Parmeggiani, e della vedova Escosura un lungo processo. Si dimostrerà che le opere non sono rubate ma bensì appartenute alla collezione del defunto Escosura. Si inizia a vociferare della non autenticità, ma per ora l’attività Marcy è ancora in piedi.
Therese Marcy
Augustine Marie Therese era la prima figlia di Marie Marcy e di Balthazard Victor Filieuse. Sposato il pittore spagnolo Ignazio Leon y Escosura, benestante, collezionista e anche mercante d’arte, Therese sembra la principale responsabile della galleria Marcy “Curiosités-Object d’art, étoffes & tableau Anciens- Louis Marcy, Maison fondée en 1870”. Il cognome della madre venne usato anche per indicare in Victor Marcy (il padre, che in realtà faceva Filieuse come già detto) noto antiquario e il capostipite dell’attività. Faceva Marcy di cognome anche quel Luigi, conosciuto anche come le Beau Louis, che a Londra faceva l’antiquario. Louis Marcy, o meglio Luigi Parmeggiani, veniva presentato come fratello di madame Escosura – Marcy, oramai essendo divenuto suo socio nella vendita di oggetti falsi, oltre che suo amante.
Juliette Emilie Marcy
Terza figlia della coppia Filieuse Marcy, anche lei coinvolta nelle attività di famiglia: i negozi di antiquariato e la produzione di oggetti d’arte falsi. Legata a Cesare Detti, pittore italiano benestante, avrà diversi figli, tra cui la futura sposa di Parmeggiani, Anna Blanche Detti. Si suppone che sia Juliette sia la sorella fossero delle modelle e che tramite l’attività di posa conobbero i due artisti, Escosura e Detti.
Cesare Detti
Pittore italiano legato a Juliette Emilie Marcy- Filieuse. Anch’egli benestante, contribuirà a tirare su le sorti della famiglia Filieuse-Marcy. Pur senza sposarla mai, visse sempre con Juliette e ne riconobbe i figli, tra i quali Anna- Blanche Detti, che sposerà poi Luigi Parmeggiani. Le opere di Cesare Detti ebbero minor fortuna rispetto a quelle di Escosura, ma ugualmente si parlava di un pittore affermato. Non è provato alcun suo coinvolgimento nella vicenda dei falsi Marcy.
Anna Detti
Figlia come si è già detto di Juliette Filieuse Marcy e di Cesare Detti, nasce nel 1881 e ha pochi anni quando Parmeggiani entra in contatto con la famiglia Marcy. Ma è solo nel 1920 che si sposa, trentanovenne, con il sessantenne Parmeggiani. La loro vita a Parigi a questo punto è già agli sgoccioli. Lei ha oramai ereditato entrambi i rami della collezione, quella proveniente da Escosura e che le arriva grazie alla zia, e quella del padre. Ed è con questa “dote”, seguendo il marito, che si trova a Reggio Emilia. La ricordano ancora i giovani di allora, vecchi oggi, come una signora gentile e riservata nel seguire le bizze del sempre più lunatico Luigi Parmeggiani.
Ignazio Leon Y Escosura
Ignazio Leon Y Escosura, spagnolo d’origine, fece fortuna a Parigi. La sua vita fu costellata di molti viaggi e contatti, tramite i quali divenne presto conoscitore di antichità e del mondo collezionistico. Proprio le due attività di pittore e di collezionista coprirono quella meno evidente di mercante d’arte e, si sospetta, di ideatore dei pezzi falsi della bottega Marcy. I contemporanei e lui stesso magnificavano la quantità e qualità dei pezzi contenuti nelle sue dimore, parlando quasi di un museo. Abitò anche a Londra (non lontano da quell’altro indirizzo londinese, Bedford square dove aveva la sua sede londinese il negozio d’antiquariato Marcy) e molte delle sue conoscenze furono cruciali perchè Parmeggiani entrasse nel giro dei mercanti d’arte.
S. Michele Arcangelo: nella bilancia il vero della Galleria
Con il S.Michele Arcangelo ci troviamo nella quadreria spagnola, importante nucleo di opere autentiche frutto della capacità collezionistica di Escosura. San Michele è presentato secondo un’iconografia classica: l’angelo psycopompos, guida e conduttore d’anime, che interviene nel giudizio universale pesandole. Di difficile attribuzione, quest’opera è per alcuni di scuola valenziana, per altri è appartenente al gruppo di artisti, noti a Valencia e alla corte reale napoletana, Jaime Baco Jacomart e Joan Reixach, entrambi catalani d’origine.
Il pittore Escosura e il collezionismo
Si capisce così, come Escosura non fosse soltanto un artista dotato di fortuna presso i suoi contemporanei, ma anche un colto collezionista. Pensando al fatto che Parmeggiani non era in grado di dare una direzione alle scelte artistiche della bottega Marcy, e alla luce dei contatti che Escosura fornì al lavoro della moglie e del suo factotum, i dubbi sul suo ruolo nella vicenda della vendita dei falsi Marcy si infittiscono.
Sulla bilancia l’anima salva
Nella mano sinistra, S. Michele Arcangelo sostiene una bilancia. Il piatto sinistro accoglie l’anima salva che si dirige verso l’angelo pronto ad accoglierla e a guidarla. Questa tavola è di importanza notevole, per qualità e bellezza, per i caratteri stilistici che interpretano la tradizione fiamminga con echi di origine italiana, ravvisabili sia nell’angelo sia nell’elegante atteggiamento dell’arcangelo e nella sua armatura riccamente decorata.
Sulla bilancia l’anima dannata
S.Michele Arcangelo tiene con la mano destra una lancia con la quale minaccia i diavoli che tentano di assalire le anime condannate. Quest’opera, come molte altre di scuola valenziana, è molto discussa: da attribuirsi all’uno (Reixach) o all’altro (Jacomart) degli autori già citati per la comunanza di tratti e per l’assenza di documentazione certa. Alcuni ipotizzano che l’opera fosse la parte centrale di un retablo commissionato a Jacomart, non terminato da questi e concluso invece da Reixach.
I gioielli Marcy e i suoi splendori: non è tutto vero ciò che luccica
Lasciatevi incantare dal baluginare di luci nella sala dei gioielli ma attenzione: ciò che si osserva è falso e appartiene alla produzione della bottega Marcy. Per capire il significato del falso ottocentesco dobbiamo soffermarci sul leggio. Siamo davanti ad una delle specialità della bottega, ispirato probabilmente alla coppa del tesoro della Cattedrale di Siviglia (al Louvre) e al tabernacolo della Cattedrale di Gerona. Il leggio con al centro un cerchio traforato a forma di rosa, in stile gotico, si caratterizza per quattro placchette ai lati, di smalto rosso su fondo blu, dove sono rappresentati i quattro evangelisti.
Curiosités, object d’art, étoffes & tableau anciens, Maison fondée en 1870 rimaneggiati
In questa foto vediamo la galleria Marcy a Parigi, a cui faceva capo la produzione e lo smercio di pezzi autentici e di altri in stile. Probabilmente localizzato a Chartres e in attività dal 1870 fino al 1912, l’atelier Marcy dava da lavorare ad ornatisti e ad artigiani di notevole capacità tecnica. Si producevano pezzi “databili” al XIV/XV secolo, con preferenza per opere in metallo nobile e smalto. Dal duo Escosura Parmeggiani poi questi pezzi erano presentati come provenienti dalla ricca collezione di Escosura e dalla Spagna, e venduti ad un mercato collezionistico assetato di novità e di possibili affari.
Luca e Marco: il toro e il leone al posto giusto
Nel leggio che vediamo sopra, all’evangelista Marco è avvicinata la figura del toro e non il leone, mentre il leone è abbinato a Luca (al quale apparterrebbe invece il toro). Questi errori grossolani sono un indice evidente della non originalità del pezzo. Se ne accorse John Hayward, direttore della sezione metalli del Victoria & Albert Museum di Londra, tra quelli che posero saldamente le basi scientifiche di uno studio comparativo tra i pezzi Marcy diffusi in diverse collezioni di Musei internazionali. Fu lui ad avviare lo studio sui falsi della bottega Marcy.
Le armi di Parmeggiani: Che pastiche!
Sir Guy Francis Laking, un’autorità in fatto di armi antiche, racconta di aver visitato, poco dopo gli inizi del secolo a Parigi, una collezione che lo colpì molto. “Una rimarchevole collezione, quasi il tesoro di qualche cattedrale, rivelatasi falsa dal primo all’ultimo pezzo ma superlativamente ingannevole”.
La collezione è quella della vedova Escosura, e tra i diversi pezzi interessante è certamente l’archibuso rigato a ruota, certamente in parte originale e in parte alterato, o meglio ricreato e ricomposto. L’archibuso è del 1720-1730, con parti rimaneggiate e altre apposte, di una cinquantina d’anni più vecchie, come ad esempio il cane dell’arma. Questo è un classico esempio della grande produzione del pastiche ottocentesco.
Il calcio elegantemente fregiato
Il calcio in osso è ornato da figurette di mostri e da fogliami con animali. Sono ancora rappresentati uomini a cavallo armati e diverse figure mitologiche affiancate da mostri. Le iniziali J.G.K. probabilmente del fautore della cassa del calcio, in madreperla, rendono particolare e prezioso questo pezzo.
Ornamenti nella parte centrale dell’archibuso
L’incisione rappresenta una caccia al cervo e al cinghiale, coi cavalieri armati e ritratti in costume settecentesco, sullo sfondo di una campagna alberata. Dall’altro lato si vede invece rappresentato un assedio di una città turrita. In questa parte lo stile è sobrio ed elegante.
Sir John Charles Robinson: un padrino di Louis Marcy a Londra
Tra i padrini di Louis Marcy nelle fortunate attività di antiquario a Londra abbiamo anche sir John Charles Robinson. Già curatore della collezione di dipinti antichi della regina Vittoria, la sua protezione giovò e diede autorevolezza a Louis Marcy che riuscì a vendere i suoi pezzi in molte collezioni (il South Kensington Museum, poi Victoria & Albert Museum, e il British Museum per rimanere a Londra).
Furono in pochi a sospettare all’inizio e, dopo molti decenni dalla morte di Luigi Parmeggiani, agli studiosi non rimase che incrociare le testimonianze per capire chi fosse Louis Marcy e le sue relazioni con Luigi Parmeggiani. Una corrispondenza tra il collezionista americano W.H.Riggs e la vedova Escosura, permise a Lionello Boccia, studioso italiano tra i più importanti per le armi antiche, di ricondurre facilmente Louis Marcy, sedicente fratello della vedova Escosura a Luigi Parmeggiani.
I tessuti e il ruolo di Escosura nella vicenda della bottega Marcy
La pianeta, abito liturgico, è un pezzo di pregio della collezione di Escosura e racconta delle sue predilezioni per il velluto e gli abiti d’epoca. Costituita da due parti principali: i laterali in velluto con un disegno di tralci ondulati verdi, foglie cremisi e melagrane avorio. La croce centrale, circondata ai lati dagli angeli e ai piedi dai santi. Sullo sfondo della trama un’architettura e una colomba. I laterali sono del primo quarto del XV secolo e probabilmente vengono da Venezia. Non così la Croce. L’ennesimo rimaneggiamento da parte di Escosura, finalizzato alla costruzione scenografica per i suoi quadri.
Gli angeli ai lati della croce
La grande croce ricamata in oro filato e sete policrome vede due angeli ai lati della figura centrale del Cristo crocifisso. Gli angeli stanno raccogliendo il sangue di Cristo. La croce è un inserto di tessuto di diverso periodo e luogo di manifattura: si ipotizza la Germania meridionale.
La melagrana, tema decorativo tipico
Quello della melagrana è un tema decorativo molto comune. Così viene descritta dalla studiosa Marta Cuoghi Costantini: “Complessa infiorescenza composta da una grande foglia (…) che racchiude al proprio interno frutti o fiori di cardo o pigne. Ispirato all’antico simbolo della fertilità, questo motivo veniva ripetuto in sequenze orizzontali o sviluppato verticalmente, in grandiose composizioni che in taluni casi superano il metro di altezza”. (Marta Cuoghi Costantini, Tessuti e costumi della galleria Parmeggiani, Grafis edizioni, 1994).
Come lavorava Escosura: a cosa servono i tessuti
Qui si vede il pittore intento a ritrarre il modello in costume in una sala molto ricca di tessuti, di opere, di mobili, di tappeti. Si può notare nello sfondo lo stesso camino tante volte ritratto nella produzione di Escosura (già visto nella sala centrale della Galleria). Finalmente è possibile entrare nel vivo del lavoro dell’artista, il quale costruiva le ambientazioni da ritrarre nei suoi quadri. A questo scopo abbigliava i modelli con costumi d’“epoca”. Non si mirava all’autenticità pura, ma si interpretava il periodo storico. I tessuti avevano in questo lavoro una funzione importantissima.
In parte si spiega così quale motivazione avesse il pastiche nell’operato di Escosura. Ma l’attività di pittore e collezionista, e il gusto ottocentesco per il pastiche, basta a spiegare il tipo di coinvolgimento nei fatti della bottega Marcy?
I mostri e i numi tutelari di Luigi Parmeggiani. La facciata della Galleria racconta
La facciata è, insieme al palazzo, l’opera più estraniante e coinvolgente allo stesso tempo di Luigi Parmeggiani. La sua intenzione era quella di creare non un semplice contenitore per le sue collezioni, ma di raccontare di sé alla città anche tramite il palazzo.
È importante sapere che il modello da cui è tratta ispirazione per il progetto del palazzo è un reliquario, in bronzo, contenuto nella sala dei gioielli, prodotto dalla bottega Marcy, e datato da Parmeggiani al XIV secolo. I giochi di rimandi interni dunque continuano. Della facciata ci interessa il portale e la sua iscrizione, i numi tutelari e i mostri.
Sulla facciata il percorso di redenzione
La facciata presenta Parmeggiani alla città, è un biglietto da visita che fa immaginare quello che si può vedere all’interno. Ma è anche un manifesto della vita di Parmeggiani, dove simbolicamente sono descritti i vizi (della sua gioventù dissipata) e il cammino di trasformazione, dove la conoscenza dell’arte redime. I busti degli artisti rappresentano quei modelli che hanno portato Parmeggiani ad una nuova vita, quella dell’amante delle arti e del mecenate.
Il portale valenziano originale e una scritta in castigliano
Il portale è originale, valenziano del 1400. Sopra il portale troviamo una scritta in castigliano “Lo que tenemos fallace y el buen obrar no perece”. Tutto quello che possediamo è destinato a perire, rimane solo il bene che operiamo durante la vita” come a ricordare che il giudizio non è sulle apparenze ma sulle azioni. Curiosa affermazione per un personaggio che sulle apparenze giocò molto della sua esistenza e dei suoi cambi di identità. Questo messaggio suona ironico e si intravede un sorriso sornione del Parmeggiani. Quello stesso sorriso descritto in molte testimonianze ed evocato anche da Federico Fellini, molti anni dopo, in visita alla città e al museo mentre preparava “La voce della luna”.
Ghostbuster: mostri incatenati
Nel costruire il suo palazzo Parmeggiani aveva previsto anche la presenza di una serie di mostri e di figure zoomorfe. Tra queste una delle più famose è sulla strada nell’angolo destro del palazzo: si tratta di una testa di cane o drago in bronzo. Piace ai bambini, che la notano e che l’accarezzano ancora. Questa statua rappresenta l’invidia. Leggenda vuole che fosse stata contrapposta al palazzo del fascio, con cui il nostro intratteneva rapporti solo formali e niente affatto calorosi o di appartenenza politica. Ma di mostri sono pieni anche gli spalti del palazzo. Mostri alati, incatenati, presi nell’atto di volersi liberare. Dragoni che pendono dall’alto e angolari in bronzo battuto, compongono la corte silente con cui Parmeggiani ama rappresentare se stesso e la propria esperienza di vita.