La documentazione offerta dalla Collezione di Paletnologia ha carattere fondamentalmente provinciale. Questo non esclude la presenza di materiali provenienti da altre regioni d’Italia, che rimangono subordinati alle testimonianze locali con funzione di confronti. Scorre di vetrina in vetrina l’Italia dei particolarismi regionali e tuttavia unitaria. Traspare da questa impostazione un progetto politico di unificazione nazionale che valorizza le situazioni locali, per ricomporle in un quadro più ampio ed unitario. I materiali di confronto rappresentano le realtà archeologiche dell’intera penisola, dal golfo di Trieste al Mar Ligure, comprese le terre ancora irredente al momento della nascita della collezione, come Roma ed il Lazio.
L’ordinamento tiene conto delle provenienze dei materiali. Sul lato est della sala è infatti illustrata l’archeologia del versante adriatico della penisola, sul lato ovest quella del versante tirrenico. Alla prima serie appartengono materiali delle culture preromane di Golasecca ed Este, dei Piceni e di altre popolazioni medioadriatiche, della Puglia; alla seconda, testimonianze pertinenti alle colonie greche della Sicilia, alle antiche genti della Sardegna, ai Latini, agli Etruschi ed ai Liguri.
Completa l’esposizione la importante documentazione del sepolcreto di Remedello Sotto (prov. di Brescia), relativa sia all’Età del Rame che all’Età del Ferro, con sepolcri e vetrine collocate al centro delle due gallerie.
Quando nel 1884 a Remedello Sotto in provincia di Brescia si scoprirono le prime sepolture, Chierici trovò importanti conferme alla sua definizione di periodo eneolitico. Avendo voluto seguire di persona le operazioni di scavo nel rigido inverno del 1885, si ammalò e di lì a poco perse la vita. Gli scavi rimasero affidati a Giovanni Bandieri, che curò il trasporto dei sepolcri nel Museo di Reggio, quando ormai Chierici era scomparso.
La stessa area archeologica, in destra del fiume Chiese, ha restituito sepolture eneolitiche e della prima e seconda età del ferro.
Le tombe eneolitiche custodivano, salvo poche eccezioni, un solo defunto. Questi poteva essere rannicchiato o supino; i rannicchiati erano deposti prevalentemente sul fianco sinistro con il capo rivolto a NW.
I maschi adulti hanno solitamente un corredo di cuspidi di frecce, pugnali litici e asce in pietra levigata; poche sepolture contengono asce e pugnali in rame ed oggetti di ornamento. Nel caso di giovani o bambini il corredo poteva essere costituito da una semplice scheggia in selce, oppure era assente. Le donne venivano sepolte con recipienti in ceramica e, in rarissimi casi, con oggetti di ornamento.
Sono stati di recente riconosciuti due diversi orizzonti cronologici, uno da ascriversi all’antica Età del Rame (3200 – 2800 a.C.), l’altro risalente al 2800 – 2400 a.C.
Raccolta Emilio Malagoli di ceramiche della Puglia antica
La raccolta Malagoli riunisce oltre 100 vasi provenienti da contesti funerari prevalentemente della Puglia centrale (Bari, Egnazia, Altamura).
La sua costituzione si deve all’ingegnere Emilio Malagoli, impegnato negli anni tra il 1865 ed il 1873 alla costruzione delle linee ferroviarie nelle province meridionali del Regno d’Italia.
Le tipologie ceramiche sono quelle ben note per l’area pugliese e ricoprono un arco cronologico dal V al III secolo a.C.
Sono rappresentate sia le classi di produzione locale, come la ceramica acroma e quella a decorazione geometrica, sia quelle di ispirazione greca (ceramica a vernice nera e a figure rosse).
Le notizie fornite dal Malagoli riguardo alle circostanze dei ritrovamenti o degli acquisti dei pezzi consentono di risalire alle località di provenienza, ma sono purtroppo insufficienti per ricomporre i singoli corredi funerari.
Fra il 1878 ed il 1879 Gaetano Chierici, in collaborazione con Paolo Podestà, effettuò lo scavo del sepolcreto di Cenisola (o Genicciola), in comune di Podenzana (Sp), sulle pendici del monte Castellaro, nella bassa val di Vara, presso le confluenza con la Magra.
I materiali conservati nella Collezione di Paletnologia trovano complemento in quelli acceduti al Museo Civico della Spezia e al Museo di Antichità di Parma.
Lo scavo aveva permesso il recupero di oltre un centinaio di tombe, tutte del tipo “a cassetta” litica, cioè composte da sei lastre di pietra, più o meno squadrate, a costituire un parallelepipedo, entro il quale era stata deposta l’urna con le ceneri del defunto. Questa era solitamente coperta da una tazza ed accompagnata da vasi accessori (è sempre presente almeno un bicchiere) e da altri oggetti di corredo. Le tombe maschili hanno solitamente una connotazione guerriera (armi in ferro), quelle femminili contengono oggetti di ornamento e strumenti per la filatura. Una tomba è stata ricostruita per intero in Museo, con una stele in pietra di forma piramidale avente funzione di segnacolo, una cassetta di lastre ben connesse coperta da un cumulo di sassi, urna e corredo al suo interno. Il sepolcreto fu in uso fra la fine del IV/prima metà del III secolo ed il I secolo a.C.
Tomba a cassetta litica
Nel 1875 Gaetano Chierici accolse l’invito del concittadino Leopoldo Ponticelli, direttore della colonia penale di Pianosa, e vi si recò con l’intento di condurvi ricerche paletnologiche.
La permanenza sull’isola per un mese gli consentì di eseguire un preciso rilievo del cosiddetto “Bagno” di Agrippa, la villa marittima dove dal 7 al 14 d.C. era stato esiliato Agrippa Postumo, l’ultimo figlio di Vipsanio Agrippa e di Giulia Maggiore, figlia di Augusto.
Della villa rimane una cospicua porzione a mare, che deve ritenersi la zona di otium del principe, piuttosto che un vero e proprio quartiere residenziale. Sono oggi visibili un piccolo teatro, un laconicum (sauna), un peristilio con una grande piscina rettangolare, dotata di un’isola rotonda al centro, un oecus (sala di rappresentanza con abside sul fondo), un’exedra (terrazza semicircolare affacciata sul mare), due ninfei (o forse un ninfeo ed una peschiera), e vari ambienti minori con lacerti di mosaici bianchi e neri e di rivestimenti marmorei. Dalla villa e sulla spiaggia Chierici raccolse i materiali che oggi sono esposti nella Collezione paletnologica: frammenti di terra sigillata di produzione aretina, tardo-italica, sud-gallica ed africana (dall’età augustea alla fine del V/inizi del VI secolo d.C.); lucerne; un fritillus (bussolotto per agitare i dadi); frammenti di anfore e di laterizi con bolli (età adrianea); monete romane, tardoantiche e moderne; infine una valvola di bronzo, forse appartenente all’impianto idraulico del peristilio della villa.