Collezione “Lazzaro Spallanzani”

Nel 1799, alla morte di Lazzaro Spallanzani, il Municipio di Reggio Emilia acquista la “piccola raccolta di naturali produzioni” allestita dallo scienziato nelle stanze della propria abitazione a Scandiano. Essa comprende reperti zoologici, con particolare riferimento alle forme di vita marine, paleontologici, mineralogici, litologici e botanici, nonché oggetti di arredo, quali quadri, tavolini e soprammobili, testimoniando, nella sua eterogeneità, la varietà di interessi dello scienziato. La raccolta, conservata integra nella sua consistenza settecentesca, ha dal 1830 collocazione nelle sale del Palazzo dei Musei. L’attuale assetto espositivo è legato al riordinamento operato nel 1883 da Alfredo Jona, che riunisce in una prima sala gli oggetti personali e di arredo, unitamente ai reperti vegetali, e dispone la parte restante, relativa al Regno Animale e al Regno Minerale, in una seconda sala, in ventuno armadi, seguendo la sistematica linneana in uso alla fine del XVIII secolo.

Lazzaro Spallanzani, nato a Scandiano nel 1729 e morto a Pavia nel 1799, è tra i protagonisti di quell’evoluzione del pensiero e del metodo scientifico che, nel “secolo dei lumi”, ha condotto dalla “filosofia naturale” alla nascita delle scienze moderne. Ricercatore acuto e tenace nei campi più vari della Storia Naturale, dalla biologia alla fisiologia, dalla geologia alla chimica, è ricordato in particolare per le sue ricerche su generazione spontanea, riproduzione, respirazione, circolazione del sangue, digestione, per le quali applicò, tra i primi, un metodo rigorosamente sperimentale. Le sue esperienze furono spesso profondamente innovative, come la fecondazione artificiale o la digestione “in vitro”.
Professore dapprima a Reggio Emilia e a Modena, Grazie alle osservazioni sugli “infusori”, pubblicate nel 1765 con il titolo “Saggio di osservazioni microscopiche concernenti il sistema della generazione dei signori di Needham e Buffon”, nel quale negò con ineccepibili prove sperimentali la possibilità di una “generazione spontanea”, acquisì fama internazionale. Dal 1769 venne chiamato da Maria Teresa d’Austria ad occupare la cattedra di Storia Naturale dell’Università di Pavia, con l’incarico di dirigerne il Museo. Alternò da quel momento l’insegnamento a numerosi viaggi, sulle Alpi, nella laguna veneta, a Portovenere e a Marsiglia, a Costantinopoli e nei Balcani, nel Regno delle Due Sicilie. Durante tali viaggi, vere spedizioni scientifiche, raccolse materiali sia per il Museo pavese che per la propria “piccola raccolta di naturali produzioni”, custodita nella casa natale a Scandiano. Alla morte dello scienziato la collezione personale di Lazzaro Spallanzani venne acquistata dal Municipio di Reggio Emilia, unitamente agli arredi che la accompagnavano, e, mantenuta integra nel corso di due secoli, è dal 1830 ospitata nell’ala nord del Palazzo dei Musei.

La prima saletta ospita oggetti di arredo e ricordi personali dello Spallanzani: tavolini, consolles, soprammobili, quadri, ricordi del viaggio in Turchia. Si tratta di oggetti in cui la funzione di arredo e decorativa non è comunque disgiunta dall’interesse dello scienziato per la materia naturale utilizzata nel realizzarli. Così i tavolini in pietra di Jano, in marmo di Serravezza, in “lumachella rarissima”, i vasi in alabastro, i fiori e gli uccelli realizzati con conchiglie, il raro e prezioso gioco della dama in ambra, le piccole sculture in marmo, diventano un ricercato campionario di materiali, impreziositi dalle eleganti lavorazioni.
Alle pareti grandi quadri, ottenuti dallo stesso Spallanzani assemblando le tavole zoologiche delle ”Historiae Naturalis” di Johannes Jonston (1657). Nella saletta trovano anche posto la maschera mortuaria dello scienziato, il bozzetto della statua a lui eretta a Scandiano e i reperti vegetali, tra cui l’erbario.
Dai “Poppanti” ai “Vermi”, nella Collezione Spallanzani è esposto un breve compendio del Regno animale, ordinato secondo la sistematica linneana in uso alla fine del XVIII secolo. Molti gli esemplari che si ricollegano alle ricerche dello scienziato: tra i Mammiferi le marmotte, legate agli studi sul letargo, la raccolta di feti umani a diversi stadi di sviluppo, importanti anche a livello didattico per gli studi sulla generazione, il lembo di tela rinvenuto nello stomaco di una vacca, collegabile alle ricerche sulla digestione; tra gli Anfibi i rospi e ramarri sezionati, “cimeli scientifici” delle indagini sugli apparati circolatorio e respiratorio, le torpedini, esaminate per capire la causa della loro elettricità. La vasta raccolta di Pesci si ricollega agli studi sul mare, così come le successive vetrine dedicate ad Insetti (i crostacei) e Vermi (molluschi, echinidi, coralli e spugne). Proprio i coralli, le madrepore e le spugne, studiati con maggior interesse per la loro natura ancora incerta, all’epoca, tra i regni animale, vegetale e minerale, forniscono le vetrine più eleganti della Collezione, con gli esemplari montati sui fulcri dorati voluti dallo Spallanzani. Di particolare interesse anche la ricca raccolta malacologica. Elemento di curiosità è invece la presenza di alcuni pesci scherzosamente assemblati unendo parti animali e artificiali diverse, quali il “Cophanus concatenatus”.
Nell’allestimento, quasi a costituire un ponte tra il regno animale e quello minerale, è posta la vetrina dei fossili che comprende una pregevole raccolta di pesci fossili dal giacimento di Bolca (VE). Minerali e rocce sono suddivisi, secondo Haüy, in cinque classi: Sostanze acidifere, Sostanze terrose, Sostanze combustibili non metalliche, Sostanze metalliche e Prodotti vulcanici. Tra i reperti sono presenti stalattiti e concrezioni calcaree, montate su fulcri dorati, un campionario di marmi in tavolette levigate, cristalli di minerali diversi, una raccolta di sali dalle miniere austriache e, infine, i Prodotti Vulcanici, raccolti nel viaggio compiuto dallo Spallanzani alle due Sicilie nel 1788, nel corso del quale salì l’Etna, lo Stromboli e il Vesuvio, per analizzarne le emissioni gassose e raccogliere numerose casse di materiali. Accanto ai campioni di interesse scientifico, la ricerca di un effetto estetico e decorativo è documentata dalla presenza di numerosi campioni lavorati, lastre lucidate, cristalli artificialmente sfaccettati, come le delicate ed eleganti scatoline con coperchio in agata, e dalla scelta di campioni particolarmente colorati e “figurati” come le “lumachelle” ricche in fossili, i calcari dendritici, in cui gli ossidi di manganese disegnano figure arborescenti, e le pietre paesine, in cui ossidazioni variamente dislocate danno origine a paesaggi fantastici.

 

 

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