Con la sconfitta dello Shōgun nella guerra di Boshin, il nuovo imperatore Meiji si trovò in una situazione per certi versi molto simile a quella di un altro “collega” di sangue blu: Vittorio Emanuele II di Savoia. Ereditando un paese ancora diviso in una moltitudine di piccoli feudi e profondamente arretrato dal punto di vista tecnologico, militare e amministrativo, all’imperatore e alla sua corte toccava ora il compito di “rifare” il Giappone e i giapponesi in senso moderno.
È in questo clima di necessità di creare un background culturale comune che il giovane archeologo Ninagawa Noritane (1835-82) entrò a far parte dell’Ufficio Musei del Ministero dell’Educazione, con il compito di gettare le basi di una istituzione museale moderna in un contesto dove, per secoli, l’apprezzamento dell’arte era stato concepito come attività svolta nell’intimità del privato.
Grazie ai suoi sforzi nel 1872 si tenne a Tōkyō la prima mostra della storia del paese, le cui collezioni diventeranno la base di quelle dell’odierno Museo Nazionale di Tōkyō che ancora oggi lo annovera come suo padre fondatore.
Conclusi i suoi impegni istituzionali, Noritane trascorrerà il resto della sua vita viaggiando in lungo e in largo per il Giappone nel titanico compito di studiare e catalogare il vasto patrimonio culturale conservato nei templi e nei santuari del paese, impegnandosi al contempo anche nella preservazione delle antiche tradizioni artigianali minacciate dalla frenetica corsa vero la modernità.
Il testo conservato oggi ai Musei Civici di Reggio Emilia, parte della donazione dell’artista reggiano Prospero Ferretti (1840-1910), venne probabilmente da lui acquisito durante gli anni trascorsi nel Giappone di epoca Meiji.
Il libro, scritto da Noritane nel 1877, tratta delle antiche arti ceramiche giapponesi ed è munito di una traduzione in francese, all’epoca prestigiosa lingua franca del mondo della cultura.