Anche se le voci che lo vogliono al fianco di Garibaldi durante l’assedio di Roma del 1849 potrebbero non essere vere, la vita del pittore reggiano Antonio Fontanesi (1818-1882) può ben essere definita quella di un “Artista dei due mondi”. Formatosi alla Scuola di Belle Arti di Reggio Emilia sotto la guida del pittore e incisore Prospero Minghetti, Antonio Fontanesi dimostrerà da subito una grande predisposizione verso la pittura di paesaggio, ispirata da una sensibilità vicina quella del grande movimento romantico europeo con cui sarebbe entrato in contatto durante i suoi viaggi prima in Svizzera e quindi a Parigi e Londra.
Tornato in patria oramai maturo, accetterà la cattedra di paesaggio all’Accademia Albertina di Torino nel 1869. Sette anni dopo, con il clima accademico avvelenato dalle invidie dei colleghi, Fontanesi partirà di nuovo, questa volta per una destinazione ben più lontana geograficamente e culturalmente rispetto ai suoi precedenti soggiorni europei: il Giappone.
Sbarcato nel 1876 nel porto di Yokohama, il compito affidato nelle sue mani si rivelò sin da subito non dei più semplici: insegnare a una classe di aspiranti artisti giapponesi della Scuola di Belle Arti dell’Istituto Industriale di Tōkyō (Kōbu Bijutsu Gakkō) a dipingere in uno stile radicalmente differente da quello della propria secolare cultura.
Pur tra mille difficoltà, Fontanesi stringerà con i suoi allievi giapponesi un rapporto di profondo rispetto, stima e amicizia, tanto che la notizia dell’improvvisa decisione dell’artista di rientrare in Italia nel 1878 per una grave malattia e la sua sostituzione con il conterraneo Prospero Ferretti, portò gli studenti ad abbandonare la Kōbu Bijutsu Gakkō.
A ricordo della sua esperienza giapponese, Fontanesi realizzerà “Ingresso di un Tempio a Tōkyō”. Opera assai differente da quella dello stile romantico e intimista che l’aveva reso celebre, il quadro rimase incompiuto a causa della morte del pittore avvenuta nel 1882.
Donato ai Musei Civici di Reggio Emilia nello stesso anno dall’amico e confidente Giovanni Camerana, il quadro è ancora oggi ivi conservato a memoria degli sforzi di Antonio Fontanesi nell’aprire una “porta” tra due culture lontane.