A guardia della mano di un Samurai che impugnava la sua spada stava la Tsuba, una parte dell’elsa realizzata in metallo dalla forma circolare o quadrata, posta immediatamente al di sopra dell’impugnatura. Pur essendo di dimensioni troppo ridotte per riuscire, come nel caso delle spade di foggia europea, a deflettere i fendenti nemici, la Tsuba garantiva al guerriero una presa più salda dell’arma impedendo che le sue mani scivolassero verso la lama nella foga del combattimento.
Solo nel caso di uno Tsubazeriai (lett. “Spingere una Tsuba contro l’altra”), ovvero quando i guerrieri incrociavano le lame facendo forza l’uno contro l’elsa dell’altro per “aprire” a forza la guardia nemica, la Tsuba avrebbe trovato la propria resistenza messa a dura prova. Ancora oggi, nel Giappone moderno, questo termine viene utilizzato ad indicare due persone in forte contrasto fra loro.
La fattura e la costituzione delle Tsuba riflettono il periodo storico nel quale vennero prodotte. Quelle dei periodi di più aspro conflitto, come il XVI secolo che vide il susseguirsi di feroci lotte per il predominio fra i signori feudali tendono, difatti, ad avere un aspetto più spartano ed essere realizzate in materiali più robusti laddove, al contrario, quelle del pacifico periodo Edo (1603-1868) mostrano invece decorazioni più elaborate e raffinate, tipiche di un periodo dove la spada del Samurai aveva cessato di essere strumento di guerra per divenire sempre più un modo per ostentare ricchezza e prestigio sociale.
I due esempi di Tsuba conservati presso i Musei Civici di Reggio Emilia e donati alla città dall’artista ottocentesco Prospero Ferretti (1840-1910), con la loro struttura elegante e leggera e le decorazioni di animali e piante, risalgono probabilmente a questo periodo. Il pittore reggiano ne entrò in possesso in un periodo in cui le antiche spade giapponesi, abolita la classe samuraica nel processo di modernizzazione dell’epoca Meiji, divennero ambiti pezzi per le collezioni di molti facoltosi europei.