Art Ad.Virus | MALATTIA pittura

[dialogo con: Giovanni Costetti, Donna malinconica, 1925 ca., inchiostro/pittura a tempera su carta, Musei Civici di Reggio Emilia, n. inv. A374]

L’occhio perso nel vuoto, il capo reclinato, il gesto semplice, tanto spontaneo quanto pieno di riferimenti antichi e moderni: ecco la malinconia (o, in antico, melancolia).
Più si osserva questo disegno, più si ha modo di intuire che questo stato d’animo, quasi passeggero, lievemente accennato, sempre presente nel nostro immaginario comune ma raramente ricordato (soprattutto per la poca teatralità del gesto), altro non sia, in realtà, che la “punta dell’iceberg” di una sofferenza più grande e più profonda.
Che poi, malinconia, al giorno d’oggi, vuol dire tutto e niente: è quando ti manca qualcuno, è quando non sei sereno, è quando c’è qualcosa che ti pungola nell’intimo, a tua insaputa, e allora, quasi come a voler aspettare comodamente che questa sensazione passi, appoggi la testa alla mano. Forse, a ben vedere, questo è il senso della malinconia che ci è arrivato dal passato: un’ addolorata attesa di liberazione. Un po’ come nella nostra nuova vita.
Consideriamo, però, la data approssimativa del disegno: 1925. A quell’altezza cronologica la malinconia è a tutti gli effetti la fase prodromica di una malattia mentale, soprattutto in una donna; gli strascichi di Lombroso e più in generale del positivismo avevano portato a creare il seguente paradigma: malinconia – isteria – grave infermità mentale e fisica (bisogna ricordare che per Charcot, Breuer e un giovanissimo Freud il problema dell’”isteria femminile” – questi erano i termini utilizzati all’epoca – era più di natura fisica che non mentale).
È alla luce di questo spaccato storico e culturale che questa donna, di cui nulla sappiamo se non della sua posa, che ci ricorda Sironi nella qualità “granulosa” del tratto e nella classicità e statuarietà delle proporzioni, da nostro riflesso del profondo diventa una maschera quasi grottesca: ci salta agli occhi quello zigomo esagerato, l’espressione in volto quasi da commedia dell’arte… davanti ai nostri occhi abbiamo una “fotografia” della cultura di un’epoca a contatto con una tematica che diventerà fondamentale nel corso del dibattito culturale di tutto il Novecento.

Lorenzo Zanchin
Servizio civile volontario

Foto: Giovanni Costetti, Donna malinconica, 1925 ca., inchiostro/pittura a tempera su carta, Musei Civici di Reggio Emilia

 

Art Ad.Virus è un progetto nato e ideato con la congiunzione di diversi eventi più o meno inaspettati: l’evolversi della pandemia da Covid, il sopravvivere della cultura (e dell’arte) nel mezzo di questa e l’elezione di Parma (e anche Reggio Emilia e Piacenza) come Capitale Italiana della Cultura 2020+2021. Di fronte a questa situazione, abbiamo capito quanto fosse importante che la cultura non restasse al suo posto, ma uscisse dai luoghi a questa deputati, chiusi per il lockdown; abbiamo quindi scelto alcune tematiche che si susseguiranno con scadenza mensile, ognuna delle quali approfondita in relazione ai diversi ambiti dell’arte figurativa: pittura scultura, archeologia, performances, cinema e tanti altri. Perché questo nome? Ci siamo ispirati alla figura lavorativa dell’Art Advisor, a cui abbiamo preferito sostituire parte del nome con un termine attualissimo: virus. È in realtà un augurio: di farci contagiare inaspettatamente dall’arte e dalla cultura che Reggio Emilia e il suo territorio offrono.

Art Ad.Virus è un progetto a cura di Martina Ciconte, Chiara Eboli, Benedetta Incerti, Maria Chiara Mastroianni, Lorenzo Zanchin del Servizio civile volontario