Se il classicismo ci perde, il paesaggio ci guadagna

Sfogliando i numerosi disegni di Prospero Minghetti, ci si imbatte in un acquerello che ci riporta agli occhi l’immagine dell’antico mulino del Mauriziano. Già nella IV satira, dedicata al cugino Sigismondo Malaguzzi, Ludovico Ariosto ricorda: “Il tuo Maurizian sempre vagheggio/ La bella stanza il Rodano vicino / Delle Naiadi antico ombroso seggio. / Il lucido vivaio, onde il g iardino / Si cinge attorno, il fresco rio che corre / Riguardo l’erbe, ove poi fa il molino”. Ancora oggi chi visita il Mauriziano, sempre coinvolgente con la sua atmosfera di gusto un po’ arcadico può scorgere, sulla destra, la sagoma dell’antico edificio. L’antica macchina ad acqua è oramai scomparsa, anche se la ruota a pale di legno era ancora visibile fino agli anni Sessanta del secolo scorso. Il molino è pure ricordato da testimonianze sia storiche che poetiche. Alessandro Miari lo citò (1584) nella sua favola pastorale Il Mauriziano. Il 9 marzo 1814 il molino servì da rifugio ad una postazione di artiglieria durante la battaglia tra franco – italiani ed austriaci. A memoria di questo scontro una palla di cannone è murata sulla facciata della chiesa di San Maurizio. Il poeta Agostino Cagnoli parafrasò, con ben minore vigore espressivo, l’Ariosto: “Il tuo Maurizian sempre tu vedi / Qual fu da prima il Rodano vicino / Ove tengono le Ninfe ombrose sedi / Ove fan le correnti acque il molino”. Naborre Campanini, del quale non è ignota la sensibilità al fascino femminile, in uno studio giovanile annota: “Quest’acque, presso il molino, non offrono più sedi o seggio a Naiadi e Ninfe ma a fresche e giovani lavandaie. Se il classicismo ci perde, il paesaggio ci guadagna”.