Un ingegnere archeologo

Otello Siliprandi nasce a Reggio il 25 Ottobre 1887 e si laurea in ingegneria a Bologna nel 1915. L’esercito italiano lo vuole tra i suoi, con il grado di tenente, nella I Guerra Mondiale. Durante la guerra si sposa con Anna Romolotti. Nello stesso periodo inizia a collaborare a giornali e riviste con scritti di storia dell’arte. La storia, l’arte, le tradizioni popolari e soprattutto l’archeologia sono i suoi principali interessi. A dire il vero gli piacciono anche le macchine. Nel 1920 è il primo presidente dell’Automoto Club reggiano (attuale A.C.I.). Nel 1924 Siliprandi succede a Naborre Campanini sia nella carica di ispettore onorario ai monumenti e agli scavi, sia nella direzione delle collezioni archeologiche dei Musei Civici. Ha modo di esercitare la sua professione curando il restauro del castello di Montericco (1927), il recupero e la ricostruzione del palazzo del Capitano del Popolo (1920-30), il ripristino della chiesa di S. Giovannino, che era stata ridotta a stalla e rimessa (1931). Il nome di Siliprandi rimane però legato soprattutto all’archeologia. Si deve a lui ed al soprintendente Aurigemma la sistemazione, forse non filologicamente accurata ma di sicuro effetto scenografico, nel cortile dei Musei Civici, dei reperti monumentali della necropoli di San Maurizio. Si deve anche a Siliprandi il volume “Scavi archeologici nell’ultimo cinquantennio (1885-1935)” che raccoglie informazioni che, senza questo lavoro, sarebbero irrecuperabili. La II Guerra Mondiale lo travolge. Partecipa al conflitto col grado di Maggiore del Genio. Il 15 Settembre 1943, per non aver giurato fedeltà alla R.S.I., è tradotto in Germania. La prigionia distrugge la sua salute. Agli inizi del 1945 è internato nel campo di morte per tubercolotici di Füller. Il rientro in Italia nel settembre del 1945, è amaro. Viene accolto da una frettolosa e ingiusta epurazione; gli si addebitano i ruoli ricoperti durante il regime fascista ma è dimenticata la sua coraggiosa scelta del 1943. Siliprandi muore, per i postumi della prigionia, l’11 Luglio 1946. Una lapide nella chiesa di S. Giovannino, da lui restaurata, ricorda la sua appartenenza alla Confraternita dell’Immacolata Concezione. (A. M.)
DOVE: Palazzo dei Musei, Chiostro dei Marmi Romani