Nel Portico dei Marmi, un’epigrafe in marmo rosso di Verona ricorda come nel 1725 il duca Rinaldo I, su consiglio di Agostino Paradisi, abbia ripristinato il corso del Naviglio e riorganizzato il bacino portuale di Mancasale. Tutto ciò per favorire l’affluenza delle merci. Il Paradisi appare essere un illuminato amministratore. Non è esattamente così. Taddeo Agostino Paradisi giunge a Reggio da Città di Castello nel 1712. E’ giurista esperto con alle spalle una carriera svolta in diverse città, Ferrara, Bologna, Roma, Modena. A Modena ha anche risolto l’inquietante mistero di un cadavere trovato decapitato. Si diletta in letteratura. Sono opere sue uno sterminato e labirintico “Ateneo dell’uomo nobile”, una traduzione dal castigliano, “L’eroe”, ed una curiosa difesa dell’uso del cioccolato nei tempi del digiuno. Non è però la letteratura il campo in cui Paradisi eccelle. Paradisi è un fuoriclasse nel riscuotere le tasse. In più di vent’anni di attività riesce, nella sua funzione di Gabelliere, ad accumulare un’ingentissimo patrimonio. Per far ciò “il magnone” (così lo chiamano i tartassati reggiani) non esita ad inventarsi veri e propri obbrobri giuridici: giunge ad imporre tasse retroattive. Il cronista don Natale Tedeschi annota nel 1717: “erano sei anni che questo ministro aveva dichiarato guerra alle borse dei poveri reggiani (…) rivangando i conti di mezzo secolo addietro”. Taddeo Agostino muore nel 1735. Il conte Febo Antonio Denaglia scrive nel diario: “Ministro delegato agli interessi della mia patria, o per meglio dire arpia destinata a mungere ed assassinare i reggiani, dopo tanti anni di ruberie, vecchio ugualmente di anni e di scellerataggini, morì in Modena lasciando di sé odiosissima memoria per le tante enormi ingiustizie e le laide trufferie”. La memoria pubblica (epigrafe) e la memoria privata (cronaca e diario) in questo caso non solo non sono condivise ma divergono in modo evidente. (A. M.)
DOVE: Portico dei Marmi