L’esemplare di lupo ucciso nel Gennaio 1949 nella valle del Liocca, nei pressi di Succiso, è stato per lungo tempo considerato l’ultimo lupo dell’Appennino reggiano.
L’uccisione era stata salutata come una liberazione dai paesani, in allarme per episodi di predazione che si erano verificati ai danni delle greggi. Nelle foto dell’epoca l’intero paese posa festoso nella neve attorno alla spoglia del lupo. Anche le cronache ne avevano lungamente trattato e la Provincia aveva deliberato il conferimento di un premio ai due uccisori, Alfredo Torri e Antonio Bragazzi. Il tassidermista dei Musei, Socrate Gambetti, si era affrettato ad assicurarsene la spoglia.
Erano i tempi della ‘convivenza impossibile’ tra l’uomo e questo animale, in una economia montana largamente basata sulla pastorizia, assenti gli ungulati selvatici che potevano rappresentare una preda alternativa al bestiame domestico.
Oggi il lupo, a seguito di un graduale processo di ricolonizzazione del territorio, è ritornato ad essere una presenza stabile lungo l’intera catena appenninica, scendendo dal crinale fino alle prime colline, ricche di prede selvatiche.