Non dobbiamo dimenticare, per quanto questo ci possa apparire incredibile, che Lazzaro Spallanzani ebbe una formazione culturale fondamentalmente letteraria, quale si conveniva a un chierico avviato alla carriera ecclesiastica. Passato a Bologna, a studiare diritto, frequentò regolarmente corsi di lingua greca. Questo non impedì che in quegli anni maturasse in lui la spinta irresistibile verso le scienze della natura. La formazione letteraria rimase in ogni modo alla base della sua cultura e gli permise di comporre i suoi trattati scientifici in una prosa che si distingue per precisione di linguaggio e chiarezza d’espressione.
In gioventù, soprattutto negli anni passati a Reggio (1755-1763) Spallanzani amò cimentarsi nella poesia: compose versi in italiano, latino e persino in greco. Questi versi, per lo più d’occasione o d’argomento religioso, venivano letti alle sedute dell’Accademia degli Ipocondriaci alla quale Spallanzani venne associato assumendo il nome accademico di Evergo il 6 marzo 1755. Agli anni passati a Reggio può essere datato un divertente componimento burlesco (vi si descrive l’attività di un medico) scritto in un latino maccheronico che richiama quello più noto di Teofilo Folengo e che precorre i giuochi linguistici (grammelot) di Dario Fo.
Non pulsum hic tastat, non it visitare malatos /
ut alli faciunt medici, sedsupea charegam /
stans in propria casa dicit quod fare bisognat /
at iubet is tantum ut aegroti portetur orina /
quam visam ingenti subito nasamine odorans /
cognoscit, quali travaiantur corpora morbo //
Ordinat infirmo compostum ex carne guazzettum /
atque mollicellam cocta lentoigne panadam/
quae facit amissas quamprimum acquirere forzas /
atque poverazzo primum guadagnare vigorem.
Non Tasta il polso, non va a visitare i malati /
come fanno gli altri medici, ma seduto in poltrona /
rimanendo a casa sua dice cosa bisogna fare./
Ordina che gli si porti l’urina del malato /
osservatala attentamente e annusatala coll’enorme naso /
riconosce la malattia che travaglia il corpo.
Ordina al malato un brodino di carne /
e la “paneda” mollica cotta lentamente./
Che fa recuperare le forze perdute / e recuperare l’antico vigore al poveraccio.
DOVE: Palazzo dei Musei