172 – Automi e campane

automi

Nella città medioevale convivevano due tempi, tra loro, diversi. Un tempo religioso ed un tempo laico, per usare una citazione di Jaques le Goff “Tempo della Chiesa e tempo del mercante.” Il tempo religioso, scandito dalle campane della Cattedrale, è quello che ricorda lo svolgersi delle funzioni liturgiche, che richiama alla preghiera quotidiana, che fa rintoccare nelle anime la presenza di Dio. Il tempo laico, segnalato dalla torre del Comune, è quello che regola il mercato, che fissa le ore di lavoro, che determina lo svolgersi degli affari. Il tempo religioso è quello dello spirito, quello laico è quello del corpo. Il tempo dello Spirito è dilatato, eterno. Le campane sono sufficienti a segnalarlo. Il tempo del corpo è condizionato dal lavoro, dall’organizzazione sociale, ha bisogno di una scansione più precisa, sempre uguale a se stessa.
L’Amministrazione cittadina, consapevole dell’importanza di una esatta determinazione dello scorrere del tempo, sostituisce ben presto il semplice rintocco delle campane con sofisticati congegni meccanici. Nel 1385 Jacopino Magnano realizza un primo orologio, nel 1415 Rolando Regoli da Collecchio ne realizza un secondo. Ma la storia dell’orologio è legata soprattutto alla famiglia Raineri. Nel 1444 Bartolomeo Raineri costruisce un terzo meccanismo. Nel 1481 Giampaolo Raineri realizza un nuovo orologio, opera importantissima nella storia dell’orologeria. Le ore vengono segnate su di un grande quadrante circolare a doppio ordine di indici, con intarsi in marmo bianco e nero carrarese e marmo rosso veronese oltre a pietra d’Istria. Il quadrante comprende inoltre il moto del sole attraverso i segni dello zodiaco e le fasi della luna. Ad ogni scoccare di ora, il corteo animato dei tre re magi preceduti da un angelo che suonava la tromba, scorreva, porgendo riverenza, davanti all’immagine della Madonna con bambino che seguiva con il movimento della testa il percorso degli automi, contemporaneamente un gigante batteva le ore sulle campane. Il Raineri ottenne la nomina di “governatore a vita” dell’orologio ma, dopo pochi anni, abbandonò Reggio per costruire a Venezia l’orologio dei Mori di Piazza San Marco.
Caduto in disuso l’orologio degli automi, per anni abbandonati negli scantinati del palazzo, finirono su un banchetto di “robivecchi”. Recuperati da Francesco Chiloni, furono donati al Museo. (A.M.)
Dove: For inspiration only, Diorama A