165 – Brillanti e granate

Camparini

Novellara, un tempo ricca corte dei Gonzaga, è sulla fine dell’Ottocento, un piccolo paese che vive di agricoltura. Qui chi non possiede terra, non ha come si dice “beni sotto il sole” è costretto in molti casi alla miseria. E’ la sorte toccata a Vincenzo Camparini; rimasto orfano, a 15 anni, nel 1883 prende la via dell’emigrazione. Sceglie la Francia, ove trova lavoro come garzone di muratore; ma la sua volontà di imparare un’arte lo porta nella regione del Giura ove apprende i segreti della lavorazione delle pietre artificiali. Nel 1892 torna a Novellara, qui con decisione temeraria apre il primo, in Italia, laboratorio artigiano per la lavorazione delle pietre dure. Nel 1894 Enrico Borselli, importante orafo milanese, si associa all’impresa e ne promuove l’ingresso in un circuito commerciale di dimensioni europee.
La partecipazione all’Esposizione Generale Italiana di Torino nel 1898, ove vince la medaglia d’argento, gli procura riconoscimenti internazionali. Camparini che in questi anni ha alle sue dipendenze trenta operai, di cui sette sono donne, è attentissimo alle innovazioni tecnologiche, la sua fabbrica è la prima a ricevere luce attraverso vetrate, acquista tornii che permettono lavorazioni al di sotto del millimetro di diametro.
Partecipa alle Esposizioni di Lione, Bordeaux e Roma. Dissapori e malintesi con Enti ed Amministrazioni portano alla chiusura dell’opificio novellarese. Camparini non si arrende ed il 28 gennaio 1903,a Reggio, riapre la sua fabbrica presso l’Istituto Artigianelli, avendo alle proprie dipendenze 50 operai e 12 artigianelli.
Nel 1908 il re Vittorio Emanuele III concede all’impresa il proprio alto patronato. La prima guerra mondiale chiude il mercato estero e segna il declino delle lavorazioni che bene o male sopravvive sino al 1917, quando viene riconvertita alla produzione di spolette per bombe, granate e proiettili.(A.M.)
Dove: For inspiration only, Diorama B