I reggiani sono sempre stati attenti agli aspetti pratici e concreti della vita. Il primo libro stampato a Bologna è un “Ovidio”, a Modena un “Virgilio”, a Reggio un “Algoritmo”, manualetto per poter far di conto. Già al tempo del vescovo Niccolò Maltraversi nella nostra città si batte moneta; vengono coniati un “piccolo” ed un “grosso” in argento.
La lotta delle fazioni, il crollo dell’autonomia comunale, il sottomettersi di Reggio ai Gonzaga ed ai Visconti provocano il dissesto dell’economia e la chiusura della Zecca. Solamente nel 1477, sotto il duca Ercole I d’Este, si riprende a battere moneta. La prima coniazione è il “Bagattino”, piccolo soldo in rame che serve per il minuto commercio; la parola “Bagatella”, che ancor oggi usiamo per indicare cosa di nessun valore, ha la stessa radice lessicale. Nel giro di pochi anni è un’esplosione: all’umile “Bagattino” seguono il Ducato d’oro, il Testone d’argento, il Grosso, il Soldo, il Giulio, il Grosso da sei soldi, il Grossetto, il Sesino, il Quattrino, lo Scudo d’oro, il Biancone, il Cavalletto, il mezzo Giulio, la Colombina, il Doblone da dieci scudi d’oro, la Quadrupla.
Sui lati delle monete si alternano i volti dei sovrani ed immagini simboliche tra le quali l’unicorno, l’aquila, il diamante, la macina, lo stemma comunale, i Santi Protettori, la Vergine, la pisside e persino una bomba. Con questo stravagante simbolo si vuole rendere omaggio alle famosissime artiglierie, vanto del duca Alfonso I. Le monete sono assai belle, ai loro punzoni lavorano veri e propri artisti quali Bartolomeo Spani, Pastorino da Siena, Gian Antonio Signorotti. Tra i reggitori si distingue Gasparo Scaruffi, autore del libro “Alitinonfo” ove si precorre l’idea di una moneta unica europea: accusato di aver mentito sulle quantità d’oro presenti nella lega delle monete, correva voce che praticasse l’alchimia.
Nel 1573 Alfonso II, per mettere ordine alla varietà della monetazione e per reagire al massiccio flusso di oro e argento proveniente dall’America, concentrò tutte le attività di zecca a Ferrara, capitale dello Stato. A noi sono rimasti i punzoni. (A.M.)
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