Lucerna a vernice nera del tipo cilindrico nord-italico, metà II-metà I sec. a.C. Musei Civici di Reggio Emilia. Foto Carlo Vannini
Aspetti abbracciata a tua figlia che i legionari romani facciano irruzione nel vostro villaggio e lo devastino. Da lontano senti alzarsi le grida di disperazione delle altre donne e il pianto dei loro bambini. Un triste destino li attende, e tu speri con tutto il cuore che non sia anche il vostro. Poi, d’improvviso, silenzio. L’unico rumore che riesci a sentire è il battito del tuo cuore ed il respiro spezzato di tua figlia. L’abbracci forte, sperando che sia tutto finito.
E invece una voce pericolosamente vicina al vostro nascondiglio squarcia il silenzio: «Quis hic?». Tra le frasche che coprono la tana spunta la faccia sudata e impolverata di un legionario, che vi guarda e scoppia a ridere. Ti trascina fuori per i capelli insieme a tua figlia continuando a ridere. A nulla servono i tuoi tentativi disperati di scalciare e mordere quelle mani insanguinate: con l’aiuto di altri soldati il Romano ti lega mani e piedi, e così fa anche con tua figlia.
La vostra sorte è segnata: d’ora in poi sarete schiave dei Romani, costrette a seguirli e servirli per tutta la vita.
La tua storia finisce qui.