115 – Amici per la pelle. L’astronomo Angelo Secchi e il paletnologo Gaetano Chierici

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Un manipolo di ecclesiastici scienziati caratterizza la vita culturale di Reggio nei secoli XVIII e XIX: il naturalista Lazzaro Spallanzani e il fisico Giovanni Battista Venturi, il biologo Bonaventura Corti e l’archeologo Giampietro Secchi, il matematico Nicolò Vergalli fino a Ignazio Natalini, pioniere della fotografia. A questa illustre compagnia partecipano con pieno diritto l’astronomo Angelo Secchi (1818 – 1878) e il paletnologo Gaetano Chierici (1819 – 1886), uniti da un’antica amicizia. Pressoché coetanei, erano cresciuti all’ombra dello stesso campanile, quello di S. Zenone, essendo nati in via di Porta Brennone (il Secchi) e in via della Missione, oggi A. Chierici (il Chierici). Compagni di giochi, erano stati entrambi iscritti al collegio dei Gesuiti, dal quale però Nicolò Chierici avrebbe ben presto ritirato il figlio Gaetano dopo una punizione giudicata ingiusta. Entrambi entrarono in Seminario e furono ordinati sacerdoti, Secchi nella Compagnia di Gesù, Chierici nel clero diocesano. Pur avendo ricevuto entrambi una solida formazione umanistica, senza rinnegarla e anzi praticandola per tutta la vita, si avviarono verso studi scientifici, approdando all’astronomia e alla fisica Angelo Secchi, alla paletnologia, la “novissima scienza” che indagava le più antiche culture umane, Gaetano Chierici. Lo studio dell’antichità continuò comunque ad appassionare entrambi, non soltanto Chierici, nelle vesti di fondatore dell’archeologia reggiana e del Museo di Storia Patria, ma anche Secchi, direttore dell’Osservatorio del Collegio Romano, il cui primo e più importante “passatempo” fu la pratica dell’archeologia. Ad essa lo sospingeva la vicinanza dello zio, padre Giampietro Secchi, anche lui gesuita, archeologo e direttore del Museo Kircheriano a Roma, cui lo stesso Chierici si rivolse in almeno un’occasione per riceverne consulenze. Fu diverso l’atteggiamento nei confronti del potere temporale del Pontefice romano, che Chierici sperò potesse concludersi con una spontanea rinuncia da parte di Pio IX, mentre Secchi lo difese con forte attaccamento alla Compagnia di Gesù e al suo mandato. E’ illuminante quanto scrissero il 20 settembre del 1870, dopo che i bersaglieri di Cadorna erano entrati in Roma. “Bella giornata in meteorologia, ma vero inferno per tutto il resto” annota nel suo giornale Secchi, mentre Chierici, impegnato nello scavo di un pozzo etrusco a San Polo d’Enza, invia al quotidiano “L’Italia Centrale” un rapporto di scavo in cui annota: “ Vi scrivo dal campo di Servirola, non campo di battaglia, dove si ammazzano i vivi, ma di lavori agricoli e di studi pacifici, coi quali io tento di far rivivere i morti”.
I loro destini si sarebbero ricongiunti dopo la morte: il 26 maggio del 1884 veniva intitolato ad Angelo Secchi quel Regio Istituto Tecnico, con tanto di Osservatorio meteorologico, che occupava i locali sovrastanti il Museo di Storia Patria, qualche tempo dopo ribattezzato Museo Gaetano Chierici di Paletnologia. (R.M.)
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