Noi e gli Este – 700

Dopo la grave crisi demografica causata dalla peste del 1630, all’apertura del nuovo secolo Reggio torna ad essere una città popolosa e architettonicamente ammodernata al nuovo gusto scenografico.
Ma la prima metà del Settecento, travagliata dalle guerre europee di successione, avrebbe riportato su tutto il territorio provinciale gli scontri, gli assedi, i passaggi di truppe e la miseria, mentre l’autorità ducale si faceva sentire o attraverso nuove gravezze per i sudditi o tramite i proclami di fuga dei sovrani. Dopo la pace di Acquisgrana del 1748, nessun combattimento avrebbe più interessato il territorio reggiano fino all’avvento di Napoleone; ma neppure la tardiva campagna di riforme promossa da Francesco III sarebbe servita a risollevare le sorti della città, nella quale prima che il duca ne sopprimesse l’università, fiorivano gli studi scientifici ad opera di Lazzaro Spallanzani, Bonaventura Corti o di Antonio Vallisneri. I gabellieri si arricchivano e fra l’aristocrazia e la borghesia illuminate serpeggiavano quei germi di inquietudine che avrebbero, sul finire del secolo, acceso la miccia della rivoluzione.
In una città che nel 1785 contava 17.000 abitanti, di cui quasi 5.000 poveri, gli echi della Rivoluzione francese non tardarono a lasciare tracce, nonostante gli ultimi provvedimenti del Duca Ercole III tentassero di proporre aperture ad una società ed un’economia progressivamente sempre più bloccate. I primi segni di ribellione si ebbero già nel 1791 quando, col pretesto di una stagione teatrale infelice, i reggiani si sollevarono per la prima volta in tumulti.


Lazzaro Spallanzani è lo scienziato reggiano più famoso, perché per primo ha applicato in modo sistematico il metodo sperimentale nei diversi campi delle scienze naturali. Per esempio: in biologia attua esperienze innovative quali gli esperimenti sulla generazione spontanea, la digestione in vitro, la fecondazione artificiale, le rigenerazioni animali, le ‘resurrezioni’ apparenti di alcuni organismi. È in contatto con i maggiori scienziati del tempo, è membro delle più importanti accademie, è in rapporto epistolare con Voltaire. Indaga campi in cui scienza e filosofia si incontrano, studiando il limite tra vivente e non vivente, tra morte e vita, forzando la natura, egli dice, a rivelare i suoi segreti.
Le sperimentazioni più ardite di Spallanzani lo hanno presto associato, nell’immaginario, all’idea di scienziato fuori dagli schemi, manipolatore della natura. Non a caso l’autore della bambola meccanica Olympia del racconto Der Sandmann di Hoffmann (1816), è il dottor Spalanzani. Il tema, ripreso in seguito nel balletto Coppelia (1870) e nell’opera di Offenbach I racconti di Hoffmann (1881), ricompare in Metropolis, film muto di Fritz Lang del 1927 (che potete vedere a lato della vetrina), in cui il prototipo robotico ideato dal folle scienziato Rotwang diventa un androide dalle sembianze femminili, indistinguibile da una persona in carne e ossa.


Nel Settecento un solido sistema di istruzione, che vede tra 1752 e 1772 la presenza a Reggio dell’Università, una spiccata attenzione per le scienze sperimentali e un contesto socio economico aperto all’innovazione rendono il territorio fecondo di personalità di spicco in diversi ambiti delle nascenti discipline scientifiche
Antonio Vallisneri (1661-1730) innova la Medicina con un approccio sperimentale basato su osservazione, esperienza e ragionamento.
Bonaventura Corti (1729-1813) si applica alle osservazioni microscopiche e a studi sugli insetti dannosi per l’agricoltura.
Giovanni Battista Venturi (1746-1822) come tecnico ducale presiede ad opere di regimazione idraulica e a progetti di ponti e mulini. Come fisico, nell’ambito della dinamica dei fluidi lega il suo nome all’effetto Venturi.
Filippo Re (1763-1817) persegue il miglioramento delle pratiche agrarie e l’aumento della produttività studiando le malattie delle piante, l’utilizzo dei letami, la coltivazione di foraggi e ortaggi.
Gli studi di Leopoldo Nobili (1784-1835) si inquadrano nel nascente campo di ricerca su elettricità e magnetismo, cui contribuisce con la ideazione e costruzione di strumenti sensibilissimi.


Scelta da Francesco III d’Este e Carlotta d’Orleans come propria residenza, si dice che sia stata realizzata per soddisfare i capricci di Carlotta e non farle rimpiangere Parigi; in realtà, Carlotta predilisse la Villa di Rivaltella, della quale seguì personalmente i lavori nel 1724. La Reggia fu invece fortemente desiderata da Francesco. Inizialmente si intendeva restaurare l’antico palazzo di proprietà del cugino Foresto e creare un giardino sul modello della reggia di Colorno, poi il corpo centrale fu ampliato con l’aggiunta dei bracci laterali. I lavori furono seguiti dall’architetto Giovan Maria Ferraroni dal 1727 al 1730, poi da Francesco e Giovan Battista Bolognini cui si unì Ludovico Bolognini, esperto ingegnere idraulico. Nel 1733 inizia lo scavo della vasca, progettata da Ludovico Bolognini e terminata solo nel 1756, imponente opera idraulica collegata alla reggia attraverso un canale navigabile. La Palazzina al centro della Vasca, detta “Fuggi l’ozio”, fu realizzata dagli stessi fratelli Bolognini. La Reggia, occupata nel 1796 dalle truppe napoleoniche, venne all’inizio dell’800 quasi del tutto smembrata. Alcune sculture sono oggi al Parco del Popolo e sul Ponte di San Pellegrino, ma la più celebre è Il Crostolo, posizionato sulla fontana della piazza del Duomo.


La sala delle adunanze del Pubblico Consiglio nel vecchio Palazzo Comunale rappresentava fin dal secolo XVI il luogo teatrale ufficiale dei cittadini reggiani. La profonda e diffusa passione per il teatro e la cospicua produzione drammatica aveva imposto di adibire uno spazio adeguato allo spettacolo. Fu scelta un’ampia sala al primo piano di Palazzo Comunale in precedenza denominata Sala del Ballone, dotata nel 1568, in occasione della venuta a Reggio della Duchessa Barbara d’Austria, delle aggiornate tecnologie teatrali. Nel 1627, il crescente interesse verso la vita teatrale e la necessità di una maggiore capienza portarono ad un aggiornamento del locale ad opera di Gaspare Vigarani che conferì la classica forma a ferro di cavallo con quattro ordini di palchi rialzati e una sistemazione provvisoria della platea, atta alle diverse funzioni del teatro. A seguito di una eccessiva nevicata che portò al crollo del tetto della sala, il Duca incaricò i fratelli Bibiena di provvedere al ripristino della sala con adeguata decorazione e ammodernamento. Il teatro rimase così in uso fino al disastroso incendio del 1740 che determinò la distruzione. Fu pertanto realizzato il teatro di Cittadella, attuale Teatro Ariosto, su progetto di Antonio Cugini inaugurato nel 1741 e attivo fino al 1851 quando venne distrutto da un incendio. Nel 1852 ebbe inizio la costruzione dell’attuale Teatro Municipale inaugurato nel 1857 su progetto dell’architetto Cesare Costa.


Il 27 gennaio 1797  per volontà della Municipalità viene aperta a Reggio Emilia presso Palazzo di S.Giorgio la Scuola di Belle Arti. Dopo la discontinuità dei primi anni è dal 1803, con l’istituzione della Scuola di disegno per l’insegnamento di architettura, figura e ornato che l’istituzione inizia un percorso più regolare, con esami e premi periodici. Nel 1825, con l’arrivo di Prospero Minghetti, la Scuola, trasferita presso l’ex convento di S. Agostino, conosce un periodi di feconda stabilità, in stretto contatto con l’Accademia di Modena alle cui periodiche esposizioni artistiche possono partecipare i migliori allievi. Nell’estate del 1836 la Scuola – dal 1876 trasformata in Scuola di disegno per operai – è trasferita nel fabbricato dell’ex convento di San Francesco dove rimane fino al 1923, anno del definitivo collocamento  presso l’edificio scolastico della Concezione. Trasformata nel 1962 in Istituto d’Arte è dal 2010 Liceo Artistico G.Chierici.