Noi e gli Este-Il 600

Già il primo trentennio del XVII secolo sarebbe stato caratterizzato da una grave crisi economica e dalla peste; intanto Reggio, divenuta  con la perdita di Ferrara da parte degli Estensi e il trasferimento della capitale a Modena, la seconda città di un ducato fortemente ridotto d’importanza, iniziava la parabola alterna della decadenza e dei brevi periodi di ripresa, caratterizzata dal crescere dello scontento e dei rancori municipali.
Unica occasione di prestigio e centro della vita economica dell’intero territorio restava la fiera di maggio, istituita in onore della Beata Vergine della Ghiara è il primo miracolo era avvenuto nel 1596 al culto della quale era dedicato il grandioso tempio in ricostruzione dal 1597.
Nel 1655 Reggio avrebbe subito un memorabile assedio da parte degli spagnoli, seguendo, una guerra dopo l’altra, un cambiamento d’alleanza dopo l’altro, le oscillanti fortune del ducato.
Alla energica e oculata amministrazione della duchessa Laura Martinozzi, vedova di Alfonso d’Este, fece seguito, alla fine del secolo, un altro periodo di relativa tranquillità. Gli abitanti di Reggio, già decimati dalla peste del 1630 che aveva provocato la morte di 4.000 persone, tornavano ad essere oltre 15.000 nel 1695, mentre la città si arricchiva di scenografici edifici di culto secondo la moda del tempo.


Se il Seicento è caratterizzato da un profondo fervore religioso dettato senza dubbio dalla grave crisi economica e demografica che affligge l’intera Italia, la Cina, sotto la dinastia Qing (Ch’ing), inizia un periodo di grande floridezza ed espansione che dal 1644, quando viene conquistata la capitale dei Ming, Beijing, perdurerà fino alla Rivoluzione Xinhai (1911) e l’abdicazione del suo ultimo imperatore (1912).
La dinastia Qing raggiunse una notevole espansione territoriale, con risultati importanti anche nell’arte e letteratura, soprattutto sotto il regno dell’imperatore Kangxi, che a soli otto anni eredita il trono e regnò per 60 anni. Famosi furono il suo amore per la letteratura, filosofia, e scienze, e il suo interesse per la cultura occidentale.
La produzione artigianale delle porcellane raggiunse il culmine del suo sviluppo durante la dinastia Qing, con più di 100.000 artigiani nel settore. Le porcellane di quest’epoca comprendono i “bianchi e blu”, gli wucai, le “blu cielo”, i susancai, le “famille rose”.
Sono dell’inizio della dinastia Qing le tre statuette in bronzo dorato in stile sino-tibetano raffiguranti divinità. Acquistate dai coniugi Pansa durante la loro permanenza in Cina, furono donate al Museo nel 1950.


Dopo un ventennio di grande crisi economica e sociale che coinvolge l’intera collettività reggiana, il 29 aprile 1596 si registra una guarigione miracolosa: il sordomuto Marchino, in preghiera davanti a un’immagine della Madonna col Bambino, ottiene il dono della parola e dell’udito. La devozione nei confronti dell’immagine – dipinta nel 1569 da Giovanni Bianchi detto il Bertone su disegno di Lelio Orsi – era già ampiamente diffusa se già due giorni dopo l’evento un corteo di reggiani devoti pone una corona d’argento sul capo della Vergine. Si susseguono pellegrinaggi di compagnie e confraternite da tutto il ducato e anche oltre. La ricca messe di offerte raccolte a seguito di grazie e guarigioni viene investita nella costruzione di un imponente santuario.
Nel 1596 per volere di Alfonso II d’Este si dà inizio alla progettazione della Basilica della Ghiara e l’anno successivo ai lavori di realizzazione su progetto di Alessandro Balbo.
Nel 1610 inizia la decorazione interna ad affresco che vede a Reggio i maggiori rappresentanti del naturalismo bolognese ed emiliano: Leonello Spada, Alessandro Tiarini, Camillo Gavassetti, Calo Bonone e si conclude con l’intervento del reggiano Luca Ferrari nel 1648. Nel frattempo corporazioni e insigni famiglie ornano i propri altari con pale di Ludovico Carracci, Leonello Spada, Jacopo Negretti detto Palma il Giovane, Alessandro Tiarini e Lorenzo Franchi, per culminare nella splendida opera che la Comunità, per ornare il suo altare, commissiona a Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino.


Nel 1502 con lettera di raccomandazione di Lucrezia Borgia giunge a Reggio mastro Antonio da Genova setaiolo che con il supporto degli Anziani e agevolazioni fiscali del duca (esenzione da dazi sul trasporto di attrezzature e materie prime necessarie all’avvio dell’attività) impianta a Reggio l’arte della seta. Nell’arco del Cinquecento sono impiegati nel settore 5000 persone tra uomini e donne. Le produzioni, molto raffinate, raggiungono Francia, Germania, Inghilterra, Fiandre e coste orientali del mediterraneo. Se la produzione di filo non è sufficiente ci si approvvigiona da Venezia per fili più raffinati. Sulla importante piazza serica di Lione i reggiani si collocano al terzo posto come esportatori. I più importanti mercanti imprenditori sono gli Scaruffi che ricoprono anche cariche importanti all’interno dell’arte. Alla metà del 500 posseggono 30 telai, quando altre potenti famiglie ne hanno al massimo 20. Ampiamente documentata nelle collezioni del Museo la manifattura Trivelli e Spalletti: otto registri di fabbrica, due campionari tessili e diverse carte private documentano le imprese di questi mercanti di origine svizzera attivi a Reggio Emilia tra il 1717 e il 1787: si occupavano da un lato della produzione e vendita di stoffe di seta, dall’altro di commercio di lana, lino e cotone. Il sistema organizzativo e commerciale di questa mercatura prefigura un’economia di mercato già di tipo preindustriale che varca i confini locali per raggiungere punti di vendita e sbocchi commerciali non solo nazionali ma anche europei.