Il tesoro di Reggio Emilia
La fine del V secolo è caratterizzata da una forte instabilità politica con l’affermarsi del regno goto d’Italia. In questo drammatico periodo si pone il nascondimento di un tesoro, che sarebbe ritornato alla luce nel 1957 in via Crispi a 5 metri dal piano stradale. Un segmento di tubo da acquedotto in piombo, chiuso ad una estremità da due coppe in argento, racchiudeva sessanta monete in oro (solidi) delle zecche di Costantinopoli, di Tessalonica e di Ravenna e molti ornamenti in oro, sia maschili che femminili. Un anello nuziale con i nomi dei coniugi potrebbe richiamare una famiglia germanico-orientale. Le monete si datano al 495.
La natura degli oggetti e la provenienza della maggior parte delle monete hanno fatto pensare al bottino di un mercenario premiato con beni razziati in Oriente. Non meno seguita è l’interpretazione come deposito di un orafo, che avrebbe riunito prodotti degli artigianati tardo-romani, bizantini e ostrogoti.
Più recentemente il deposito è stato collegato al difficile contesto della guerra greco-gotica nella seconda metà del VI secolo, quando anche Reggio fu preda di un conflitto endemico, durante il quale la ricerca di risorse per le esigenze militari e per la sopravvivenza stessa degli abitanti può aver indotto razzie su larga scala.