Romanizzazione e cultura materiale

Romanizzazione e cultura materiale


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I materiali provenienti dagli strati repubblicani di II-I a.C. attestano l’adeguarsi della comunità reggiana allo stile di vita della classe dirigente centro-italica e dell’aristocrazia dell’Urbe.
Esemplari di vasellame fine da mensa di tradizione campano-laziale documentano il compimento del processo di romanizzazione. Assai emblematiche sono le ceramiche “a vernice nera”, tipologia che in questo periodo domina in tutta l’Italia romana: significativa la coppetta con lettere graffite “TV” (n. 16), forse formula onomastica per personalizzare l’oggetto, i piatti e le coppe con decorazione a stampiglia (n. 17) o il fondo di coppa con impronta di gemma (n. 23), raffigurante un artigiano al lavoro.
Fin dalle prime fasi di vita del forum, è documentata la presenza di impianti produttivi per la lavorazione del vasellame ceramico e, dalla fine del II a.C., anche di ceramica a vernice nera. Alcuni reperti, come una delle coppe provenienti da Via Fogliani (n. 22), presenta ancora le impronte digitali lasciate dal ceramista.
La produzione della ceramica a vernice nera termina fra la fine del I sec. a.C. e gli inizi del I d.C. All’epoca augusteo-tiberiana appartiene il piatto proveniente dagli scavi di palazzo Busetti, con decorazione a rotella e stampigliata (n. 24).

Altro vasellame fine sulle mense reggiane di età repubblicana è la ceramica a pareti sottili. Questa produzione è presente con coppe a calotta e bicchieri in pasta rosata, come gli esemplari ovoidi, alti e slanciati (n. 25), e quelli a corpo sferico (n. 26).
Si utilizzavano anche vasi meno raffinati in ceramica comune priva di rivestimento: per contenere e versare liquidi (olpi e brocche) o destinati al consumo dei cibi (coppe e scodelle, n. 24), costituivano un’alternativa più economica rispetto al vasellame a vernice nera. Altri recipienti erano per la preparazione (mortai) e la conservazione di cibi e bevande (olle, anforette e dolii), per il lavaggio (bacini) e per contenere sostanze profumate (n. 29)


La mostra