L’uomo di una sola giornata : Carlo Ferrarini o del coraggio

Si chiamava Carlo Ferrari. Ferrarini era il diminutivo usato dai reggiani per distinguere la sua famiglia dalle tante altre che portavano lo stesso cognome. Carlo Ferrari, nato a Reggio nel 1776, espira in casa lo spirito militare. Il padre è maggiore dell’esercito estense. Ad appena vent’anni il giovane, infervorato dall’aria che tira dalla Francia, milita con il grado di capitano nel III battaglione granatieri delle coorti cispadane (corpo di volontari, duecento sono reggiani, che al comando del generale Rusca combatte a fianco di Napoleone). Ferrari è coinvolto nei tumulti che precedono la costituzione della Repubblica Reggiana, ma il suo momento di gloria giunge alla fine del settembre 1796. Da Correggio si sparge la voce che un grosso contingente austriaco si aggira per le nostre campagne. Si tratta in verità di centoventi soldati, isolati dal grosso dell’esercito, che cercano disperatamente di sopravvivere. Man mano che passano i giorni le segnalazioni si susseguono e il numero dei nemici aumenta. Il 3 ottobre gli austriaci vengono individuati presso Montecchio. Da Reggio escono quaranta granatieri francesi e duecento uomini della guardia civica comandati da Ferrari. A Cavriago si aggiungono altri cento volontari. Il 4 ottobre presso Montechiarugolo c’è uno scambio di fucilate. Muore Andrea Rivasi di Cavriago, in seguito considerato il primo caduto per la liberta d’Italia. Gli austriaci, scalcinati e affamati, si arrendono. Ferrari, catturati centoquattordici uomini, quattro bandiere e tre cariaggi, dopo averli fatti sfilare a Reggio, li trascina a Milano al cospetto di Napoleone. Bonaparte pubblicizza al massimo l’avvenimento. Anche Ugo Foscolo viene coinvolto. Ferrari ottiene il grado di Maggiore e il comando di piazza
di Reggio. La sua avventura militare termina nel maggio 1797: combina guai, provoca moti di piazza e si dimette. Il suo futuro sarà solo amministrativo. Partecipa al congresso di Lione e diventa responsabile del Demanio pubblico. In questa veste, come molti altri in simili situazioni, si arricchisce. Esce anche indenne da un processo per la sparizione di 12000 lire oro. La restaurazione
estense produce il suo completo allontanamento dalla vita politica. Nel 1816 è a Roma con Prospero Minghetti ed entra in rapporti con Antonio Canova. Ferrari cerca di coinvolgere lo scultore per statue della Ghiara. I soldi sono pochi e la committenza salta. A Reggio si dedica all’agricoltura. Filippo Re che gli è amico lo chiama «l’ortolano». Nel 1826 il vecchio giacobino cura di persona i festeggiamenti per il passaggio a Reggio di Francesco II imperatore d’Austria. È vero il proverbio «si nasce incendiari, si muore pompieri». Carlo Ferrari(ni) muore a Reggio il 19 aprile 1830.