Non sono più conte e cittadin non sono. Francesco Cassoli

I rivolgimenti politici e sociali, e ancora di più le rivoluzioni, con il loro turbinoso evolversi, provocano crisi d’identità e giungono, a volte, a divorare i loro padri. Il percorso umano e politico di Francesco Cassoli è uno di questi casi. Cassoli, nato a Reggio nel 1749, studiò presso i Gesuiti sino al 1768. Le sue inclinazioni lo portarono a frequentare gli studi umanistici e letterari. Il miglior circolo di cultura dell’epoca, l’Accademia degli Ipocondriaci, lo accolse già nel 1765 ed in pochi anni il Cassoli giunse ad esserne il “Barbassore”, cioè il presidente. Cassoli si distinse per i componimenti in versi e per le traduzioni dal latino (Orazio e Virgilio); scrisse anche un trattato in cui argomentò come fosse essenziale che un buon traduttore possedesse le tre G: genio, giudizio e gusto.
All’attività letteraria Cassoli aggiunse l’impegno politico. Riconoscendosi negli ideali illuministi e liberali contribuì alla nascita della Repubblica Reggiana, e già nell’agosto 1796 sciolse i sudditi della sua contea di Vezzano dai vincoli feudali. Il congresso della Repubblica Cispadana lo vide tra i protagonisti. Tenendo fede alle sue idee liberali moderate, Cassoli propugnò un graduale progresso civile “sull’esempio della natura che nulla opera con violenza”. La sua moderazione gli costò cara: quando, nel maggio 1797, prevalsero i democratici radicali, Cassoli fu incarcerato dagli stessi antichi compagni. Fu in questa evenienza che Cassoli scrisse un componimento che inizia con l’amaro e autoironico verso “non son più conte e cittadin non sono”.
Scarcerato dopo poco tempo, Cassoli maturò un lento distacco dalla politica attiva: ritiratosi nella villa di Bell’Arbore alla Roncina si dedicò totalmente agli ozi letterari. Morì il 19 febbraio 1812. (A. M.)
DOVE: Museo del Tricolore