La vita inquieta di Augusto Mussini

Dopo il famoso episodio del duello per la bella Beatrice Ancillotti a cui alla fine Mussini si sottrae trovando rifugio in qualità di terziario presso l’Ordine dei Cappuccini di Ascoli Piceno, “Fra’ Paolo” (questo è il nome che assume) comincia la sua nuova vita d’arte tra le mura dei diversi conventi e chiese dell’Ordine (Ascoli Piceno, Caldarola, Quinto Decimo..) per cui esegue importanti decorazioni dimostrando una continua volontà di aggiornamento alle innovazioni artistiche.“Lavora ininterrottamente dalle sei del mattino alle dieci di sera, coloro che lo hanno visto dicono che egli appare trasognato e talvolta come rapito in estasi”, scrive un giornalista nel 1904. Tanta foga non basta a placare il suo travaglio interiore; le cronache lo descrivono periodicamente in preda a forti crisi nervose che lo facevano uscire in grida incomposte e beluine tali da spaventare i religiosi e i vicini. Nella pittura sacra cerca una risposta a questo suo anelito di elevazione e purificazione e non esita a sperimentare nuovi stili opponendosi anche ai più collaudati e ripetitivi modelli dell’arte sacra dominante e intervenendo in modo polemico contro le autorità religiose. Invitato a non esprimere più pubblicamente le proprie convinzioni non esita nel 1913 ad abbandonare il convento di Ascoli: “Non credo affatto che la tonaca di terziario cappuccino debba essere per me una museruola, checchè ne blateri la plebe rossa e nera” scrive su un quotidiano. Nel 1914 è a Buenos Aires, dove si lascia conquistare dalle idee di Marinetti e del futurismo, ma poi torna in Italia e si rifugia nell’Eremo di Camaldoli. Ma sono anni tormentati da amori che provocano diverse sue fughe e ritorni nel convento di Ascoli. Nel 1916, aperto uno studio a Roma, pare trovare un po’ di pace: “ Mi sento rinascere artisticamente”, scrive in una lettera, ma nel 1918 muore durante l’epidemia di spagnola. (E.F.)
DOVE: Galleria Fontanesi