Carattere scontroso e irritabile, ma anche personaggio carismatico in grado di inserirsi con un ruolo di rilievo nella complessa compagine della cultura fiorentina dei primi anni del XX secolo e poi di coltivare per tutta la vita rapporti di consuetudine e amicizia con poeti, pittori, intellettuali, Giovanni Costetti ( 1874 – 1949) occupa un posto di riguardo nella cultura figurativa italiana del suo tempo. Impossibile però accostarlo a un movimento artistico o identificarlo in una precisa identità stilistica. “Trovo che la mia personalità non è mai rivolta a una sola intelligenza e a un solo sentire – scrive – Nei grandi artisti di tutte le scuole sento che ci sono dentro anch’io e che alla loro parola si potrebbe aggiungerne un’altra”.
Nel 1904 non esita a distruggere le sue opere di ambito simbolista e di cultura dannunziana per accostarsi a una produzione dai tratti orridi e grotteschi, nei primi Anni dieci alterna opere di gusto più naturalistico a interessantissime aperture all’espressionismo nordico, supera poi Cezanne e il postimpressionismo per abbracciare negli Anni venti le poetiche del ritorno all’ordine e della ripresa della tradizione poi abiurate negli ultimi decenni da una decisa urgenza espressionista.
L’intenso Doppio autoritratto esposto alla Galleria Fontanesi bene individua la complessità della sua personalità che nella pratica dell’arte trova possibilità di esprimere le sue più intime contraddizioni. “L’artista è un religioso della natura, l’arte è una rivelazione quasi divina dell’uomo, una funzione che fissa l’attimo” confessa l’artista e così ci introduce alla più intima essenza della sua poetica, la ricerca di un’arte spiritualista in grado di raggiungere “l’infinito e la natura, l’eterno e l’effimero, l’invisibile e l’incontrollabile…”. (E.F.)
DOVE: Galleria Fontanesi