Nel 1969 Rosanna Chiessi era una giovane e curiosa mercante d’arte di Reggio Emilia, attratta dalle novità e già inserita negli ambienti dell’arte contemporanea locale. Il suo nome è legato alle esperienza dell’arte performativa in tutte le sue declinazioni e la svolta verso questa passione le deriva da un suggestivo incontro. Siamo nel 1969 si diceva; Rosanna si reca in Germania con l’amico artista tedesco Wallert.
Tra le città visitate c’è Düsserdorf, dove è in corso la prima mostra antologica di Joseph Beuys. Rosanna si innamora a tal punto del lavoro di questo artista che per tre giorni consecutivi visita la mostra cercando di incontrarlo. Ogni tentativo risulta vano fino a quando, dopo averlo inseguito con tenacia, Rosanna riesce ad avvicinarlo e, con l’aiuto dei suoi accompagnatori di madrelingua tedesca, a dirgli quanto stimasse il suo lavoro e a chiedergli di firmarle e dedicarle il catalogo. Beuys, apprezzando gli sforzi di Rosanna, decide di dedicarle una sua performance che si stava accingendo a rappresentare: Come parlare d’arte ad una lepre morta. Così la descrive Rosanna Chiessi: “c’era una tenda da campeggio in feltro e altri oggetti e lui era seduto con una lepre sulle ginocchia e parlava”.
Rosanna prima di ripartire per l’Italia riesce a comperare alcune edizioni di Beuys, e torna da questo viaggio elettrizzata e ansiosa di condividere un’esperienza così importante; ma quando in patria comincia a parlare di Beuys, anche agli addetti ai lavori, questi gli rispondono che non l’hanno mai sentito nominare. (A.G.)
Dove: 900, Pari & Dispari. 50 anni di ricerca.