Musei Civici di Palazzo San Francesco, v. Spallanzani, 1
dal 27 ottobre
Aveva già dipinto il suo capolavoro nel 1905, quando aveva diciassette anni, divenuto poi noto con il titolo Il paggetto. Il Paggetto è l’opera di un «puro folle del colore». È di un tono rosso giocato su infinite modulazioni, dal cupo al fiammeggiante, dal vellutato al serico. Solo a diciassette anni si può dipingere in quel modo, quando si sia dotati come Davoli.
Giannino Degani
Con queste parole Giannino Degani descrive, nel 1949, l’opera più affascinate e misteriosa di Ottorino Davoli. Affascinante per la sua bellezza e la sua irruenza, misteriosa per la scarsità di notizie ad essa legate fino a pochi mesi fa.
Ottorino Davoli (1888-1945) nasce a Reggio Emilia e fin da bambino dimostra uno straordinario talento artistico. Frequenta l’Accademia di Brera a Milano e completa la sua formazione tra Roma e Firenze. Dal 1935 fino alla morte è professore di Ornato presso il Liceo Artistico di Venezia.
Il Paggio, o Paggetto, opera del 1905, è una delle prime e più importanti prove del pittore reggiano, quella che destò più scalpore e ammirazione nell’ambiente locale. Per ricostruire la storia di questo dipinto, si può partire da una foto del 1923 in cui Davoli è ritratto nel suo studio mentre dipinge un paesaggio. Alle spalle della tela fa capolino, tra le assi del cavalletto, l’inconfondibile volto del giovane in costume. Il paggetto ornò per anni lo studio di Giannino Degani che è attento ammiratore, riconoscendone con consueta acutezza l’estro, i pregi e i difetti, di tutta l’arte di Davoli con cui ha una stabile e profonda amicizia.
Giannino Degani (1900 – 1977) è un personaggio di fondamentale importanza per Reggio Emilia e uno dei principali punti di riferimento intellettuali; oltre ad aver attraversato da protagonista le fasi più delicate del Novecento – il fascismo, la Resistenza, la partecipazione alla vita politica e culturale della città, si interessa di storia, di politica, di arte e letteratura. Collabora con numerosi giornali locali e nazionali (tra cui l’Unità), pubblica romanzi e racconti. Frequenta artisti e scrittori tra cui Cesare Zavattini che di Degani ha lasciato anche un ricordo: «bastava osservare alcuni rossori di Giannino improvvisi per capire quanto fuoco ci fosse sotto la cenere rurale, come una vigilia continua di altro, di diverso da quello che si era condensato da anni e anni».
Il dipinto è rimasto nell’oblio per anni fino a quando Francesca Degani lo ha riscoperto nell’appartamento torinese appartenuto al padre Iacopo, assieme a due ritratti di famiglia dipinti da Davoli: uno che rappresenta Giannino Degani in toga di avvocato e un altro proprio un giovanissimo Iacopo. Con sincera gratitudine i Musei Civici di Reggio Emilia possono finalmente ospitare uno dei capolavori dell’artista reggiano che meglio rappresenta la cultura locale del primo Novecento grazie al deposito generosamente concesso dalla famiglia.
Il viaggio di ritorno del Paggetto nella natia Reggio Emilia, assieme agli altri due dipinti, sono testimonianza non solo di uno dei più felici momenti artistici del nostro pittore, ma anche di un sodalizio intellettuale e umano nato e consolidatosi nella piccola e provinciale realtà reggiana da cui il nostro Davoli fuggirà un po’ amareggiato e in cui invece Degani rimarrà per tutta la vita riuscendo a rintracciare, proprio nella “provincia”, un paradigma culturale.